MUSICA CLASSICA E ARTE  2008

1930

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B.Bartok - Cantata Profana
Se le differenti fonti (tradizione europea colta e popolare) che alimentano il linguaggio musicale di Bartók appaiono nel Principe di legno più giustapposte che pienamente integrate, la Cantata profana per soli, doppio coro misto e orchestra, composta nel 1930, è invece espressione di una sintesi stilistica ormai perfettamente realizzata.
La Cantata è concordemente ritenuta uno dei capolavori della produzione di Bartók e della stessa musica vocale contemporanea, rappresentando altresì l'opera che più esplicitamente rivela il credo artistico e ideologico del compositore. Il soggetto, tratto da alcuni canti natalizi rumeni, narra la storia dei nove figli di un cacciatore che, inseguendo un grosso cervo, varcano un ponte magico e vengono trasformati in cervi essi stessi, dopodiché si rifiutano di tornare dal padre e di riassumere le sembianze umane. Pur se la Cantata è stata interpretata da alcuni studiosi in chiave strettamente politica - un'allegoria della ribellione contro il governo reazionario Horthy succeduto a quello comunista di Béla Kun -, l'opera sembra in realtà racchiudere un più alto e universale messaggio di libertà (e del resto l'ardore nazionalistico degli anni giovanili si era già da diversi anni stemperato in un più maturo concetto di fratellanza tra i popoli), unito ad un profondo sentimento della Natura, intesa come una sorta di religione immanente e tutta profana da opporre alle costrizioni artificiali della civiltà (qui rappresentata in una delle sue più tipiche istitu-zioni: la famiglia). Al di là del simbolismo dell'opera, dal punto di vista musicale la Cantata riprende e sintetizza, in una audace e complessa rete di interrelazioni, forme e tecniche della musica occidentale (sostenuto contrappuntismo espresso in diverse gradazioni: canone, fugato, fuga, mottetto, variazione su corale) ed elementi tratti dal materiale folklórico (tematismo d'impronta popolare soprattutto nelle parti solistiche, ricorso alla modalità, strutture ritmiche irregolari).
Sul piano strutturale, la Cantata si suddivide in tre parti: "Molto moderato - Allegro molto";
"Andante"; "Moderato", corrispondenti all'articolazione formale del testo, caratterizzato da due sezioni narrative "Andante"; "Moderato", corrispondenti all'articolazione formale del testo, caratterizzato da due sezioni narrative (esposte dal coro) che incorniciano una parte interna drammatica (solisti con brevi interventi del coro). La scrittura corale rivela una grande flessibilità, con i cori presentati ora sovrapposti, ora separati, ora divisi irregolarmente. In questo senso, pregevole è la realizzazione delle tre strofe corali della prima parte, che presenta al centro la violenta e selvaggia fuga della caccia, con il grido dei cacciatori trasmesso in imitazioni sempre più serrate, come di straordinaria efficacia è l'introduzione orchestrale con il primo intervento del coro che sembra direttamente richiamarsi alla Passione secondo Matteo di Bach. Nella seconda parte, la narrazione lascia il posto al dialogo diretto tra il figlio (tenore), che si esprime in arie libere costituite da dure frasi spezzate e di andamento ascendente, e il padre (baritono), caratterizzato da ampie e patetiche linee discendenti. Inserendosi in quella tendenza europea impegnata verso un nuovo ricupero dell'espressività corale (di questi anni sono, ad esempio, ì'Oedi-pus Rex e la Sinfonia dì Salmi di Stravinski, lo Stabat Mater di Szymanowski nonché la Messa glagolitica di Janacek), la Cantata profana può dunque considerarsi il personalissimo contributo di Bartók alla stagione "neoclassica" della musica novecentesca. Gloria Staffieri

 

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