Il mandarino
meraviglioso, una "pantomima in un atto"
composta da Béla Bartók a Budapest nel
1918/19, è l'ultima delle sue tre
composizioni sceniche. Quasi stesse
seguendo le, orme di Ferruccio Busoni,
il quale per principio amava impiegare
soggetti sovrannaturali e fiabeschi nel
teatro musicale, Bartók scelse trame in
cui le leggi della natura
temporaneamente cessavano di aver
vigore: le voci delle donne morte nel
Barbablù, la bambola vivente nel
Principe di legno, il corpo del
Mandarino che non sanguina dopo che è
stato accoltellato. All'inizio il
mandarino "meraviglioso" sembra ben
lontano dai miracoli: tre abili ruffiani
e una prostituta si cimentano in perfide
rapine. Ma poi s'imbattono in un essere
che sembra venire da un altro mondo, il
quale cadendo nella loro trappola
minaccia addirittura di distruggerla.
"Mandarino" è un termine che indica un
alto funzionario dello stato nell'antica
Cina imperiale, dotato di ricchezze e di
enormi poteri. Il suo potere sugli
uomini era talmente vasto ed
impenetrabile che suscitò continue
fantasie nelle menti dei sudditi e di
coloro che lo temevano, i quali finirono
per attribuire al mandarino facoltà
soprannaturali. E sono proprio queste
qualità soprannaturali che vengono
presentate nell'opera di Bartók: nel
contesto di una trama realistica appare
un uomo che non può essere ucciso.
Egli viene soffocato - e continua a
vivere; viene accoltellato - e si rialza
in piedi; viene impiccato - e incomincia
a osservare la ragazza con sguardo
ancora più appassionato mentre il suo
corpo incomincia a brillare stranamente.
Soltanto quando la ragazza si arrende,
il suo sangue incomincia a scorrere ed
egli può trovare la morte.
Col Mandarino il tema del rapporto tra i
due sessi, determinante in tutte le tre
composizioni sceniche di Bartók, viene
affrontato in maniera nuova. Certo anche
quest'opera (su libretto dell'ungherese
Melchior Lengyel) è dominata dalla
"frustrazione e dolore degli uomini", ma
vi è allo stesso tempo una differenza
fondamentale: alla fine muore l'uomo e
non la donna. Dato che la figura del
mandarino non viene minimamente
personalizzata e appare piuttosto come
schema astratto dell'uomo dominato dagli
istinti, in questo caso non muore l'uomo
ma scompare un certo tipo di uomo.
Questo tipo viene inteso come
personalità limitata. Diversamente dal
cavaliere Barbablù e dal principe "in
carne ed ossa", sin dall'inizio il
mandarino viene ritratto come una
persona appunto "limitata". Invece
dell'amore è il sesso a trovarsi in
primo piano. L'intero brano appare come
un grido della creatura. Sin dalla prima
comparsa del mandarino vi è una tensione
incessante, la cui forza motrice è la
sessualità nuda e cruda, e la cui
risoluzione giunge soltanto con la morte
dopo il compimento dell'orgasmo. Con
questa evocazione dell'elementare
vincolamento dell'esistenza umana con la
natura, il Mandarino di Bartók può
essere visto in armonia con la corrente
dell'espressionismo che era viva in quel
periodo.
Nel Mandarino Bartók giunse alle più
estreme combinazioni sonore. Per lunghi
passaggi si ascoltano glissandi dei
tromboni e stridenti collages di
richiami. Pur essendo la sonorità
giustificata dal soggetto, il risultato
complessivo all'inizio non fu tollerato:
dopo la première dell'opera avvenuta il
27 novembre 1926 a Colonia, il sindaco
di allora, Konrad Adenauer, proibì le
successive rappresentazioni; ma possiamo
assumere ch'egli non sia rimasto tanto
offeso dai glissandi dei tromboni quanto
dal palese coito sulla scena aperta.
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