La musica 
										drammatica occupa uno spazio esiguo 
										nella produzione di Béla Bartók. A 
										differenza infatti della sua opera 
										pianistica e dei Quartetti per archi che 
										hanno accompagnato l'intero arco 
										creativo del compositore, registrandone 
										altresì le più significative svolte 
										stilistiche, i lavori destinati al 
										teatro sono soltanto tre e risultano 
										serrati in un ristretto ambito 
										cronologico: dal 1911, anno di 
										composizione del Castello del Duca 
										Barbablù - la sua unica opera, al 
										1918-19, periodo in cui vede la luce il 
										balletto II mandarino meraviglioso.  
										Tra i due lavori drammatici si inserisce 
										il balletto-pantomima principe di legno, 
										un'opera dai rilevati contorni fiabeschi 
										che, scritta in pieno periodo bellico 
										(1914-16), sembra per contrasto far 
										risaltare ancora più grottescamente 
										l'orrore allora dilagante sullo scenario 
										europeo. Tuttavia, fu forse proprio la 
										sua vena disimpegnata e fantastica, 
										distante tanto dalla cupa linea 
										simbolico-psicologica del precedente 
										Barbablù quanto dal realismo brutale del 
										Mandarino, ad assicurare un ampio 
										successo al Principe di legno che, 
										rappresentato il 12 maggio 1917 al 
										Teatro dell'Opera di Budapest, segnò una 
										svolta importante dal punto di vista del 
										nuovo favore mostrato dal pubblico 
										ungherese nei confronti di Bartók.  
										Eppure il soggetto del balletto, 
										affidato ancora una volta alla penna di 
										Béla Balàzs (già librettista del 
										Barbablù), è apparso alla critica non 
										pienamente convincente, soprattutto 
										sotto il profilo della coerenza 
										drammatica.  
										In realtà, ciò che più interessa è 
										l'articolazione formale del racconto, 
										cioè la sua potente e studiata simmetria 
										(che ne giustifica alcune incongruenze 
										drammatiche, come quella del voltafaccia 
										della Fata), nonché il sovrapporsi di 
										differenti piani strutturali: la 
										dimensione umana (la semplice storia 
										d'amore tra il Principe e la 
										Principessa), la dimensione fantastica e 
										soprannaturale (gli interventi della 
										Fata), la dimensione grottesca (il 
										"Principe di legno").  
										Questi differenti elementi drammatici si 
										traducono nel linguaggio musicale di 
										Bartók in altrettanti ingredienti 
										stilistici. 
										 
										In quegli anni il compositore è alla 
										ricerca di una nuova via in grado di 
										portare il linguaggio musicale al di 
										fuori delle secche in cui l'ha costretto 
										la crisi tonale tardo-romantica. Una 
										possibile soluzione al problema sembra 
										provenirgli dal ricco patrimonio 
										etnofonico della sua terra e dell'Europa 
										orientale (la raccolta sistematica del 
										canto contadino della penisola balcanica 
										e delle regioni circostanti, iniziata 
										nel 1906, prosegue negli anni 
										successivi), e dal linguaggio di Debussy.
										 
										L'emancipazione dal rigorismo delle 
										scale maggiori e minori avviene per 
										Bartók grazie soprattutto alla 
										riscoperta dei modi ecclesiastici 
										antichi o addirittura di modi ancora più 
										primitivi (pentatonici) che il 
										patrimonio melodico popolare gli andava 
										a mano a mano rivelando.  
										Tale materiale gli suggerisce inoltre 
										formule ritmiche e soluzioni metriche 
										più libere e varie, rendendo nel 
										contempo possibili nuove combinazioni 
										armoniche. D'altronde, il suo percorso 
										non è tanto dissimile da quello compiuto 
										da Debussy che, mosso dalle stesse 
										esigenze, non esita nelle sue opere a 
										ricorrere ad un melodismo pentatonico 
										assai simile a quello rivelato dalla 
										musica popolare. 
										Tuttavia, se nel periodo tra il 1910 e 
										il '20 le soluzioni più originali del 
										linguaggio bartókiano trovano il loro 
										terreno privilegiato per lo più nella 
										produzione pianistica, nei suoi lavori 
										drammatici si avverte invece 
										maggiormente l'influenza del linguaggio 
										musicale europeo.  
										Il principe di legno si presenta, 
										infatti, come una sorta di ibrido 
										stilistico, concorrendo in esso elementi 
										diversificati (cromatismo 
										tardo-romantico,"impressionismo" 
										francese, tematismo folklorico), 
										attivati evidentemente anche dalla 
										natura pluridimensionale del soggetto. 
										In particolare, riprendendo alcune 
										soluzioni compositive già adottate da 
										Stravinski nell'uccello di fuoco 
										(contrapposizione dell'elemento naturale 
										soprannaturale realizzata musicalmente 
										mediante il contrasto diatonismo 
										cromatismo), Bartók utilizza per 
										caratterizzare il Principe e la 
										Principessa un melodismo largamente 
										ispirato al canto contadino (temi di 
										struttura quaternaria, basati sulla 
										scala pentatonica, con andamento 
										melodico discendente), riservando invece 
										per i passaggi destinati all'intervento 
										soprannaturale un linguaggio decisamente 
										intriso di cromatismo, quando non 
										modellato direttamente sulle armonie 
										evanescenti e i raffinatissimi impasti 
										timbrici di sapore debussyano ("Danza 
										delle onde").  
										 
										La parte più innovativa del balletto è 
										quella riguardante il "Principe di 
										legno" e la sua grottesca danza con la 
										Principessa: qui il compositore non 
										esita ad utilizzare tutte le risorse del 
										suo linguaggio più avanzato, quali 
										accordi aspramente dissonanti, ritmi 
										"barbarici", audacie timbriche.  
										Inoltre, vista nel suo insieme, la 
										partitura rivela già quella acuta 
										sensibilità formale che sarà un tratto 
										tipico del linguaggio più maturo di 
										Bartók: la simmetria degli elementi 
										drammatici, segnalata in precedenza, 
										consente infatti di predisporre il 
										discorso musicale in vista di una 
										ripresa rovesciata, nella seconda parte 
										dell'opera, dei materiali già esposti 
										nella prima (si veda la riapparizione 
										scorciata degli episodi orchestrali, che 
										caratterizzavano i tentativi del 
										Principe, nel momento in cui sono 
										ripercorsi dalla Principessa), 
										prefigurando così quella tipica "forma 
										ad arco" che caratterizzerà i suoi 
										lavori strumentali più maturi. |