MUSICA CLASSICA E ARTE  2008

1914

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B.Bartok - Il principe di legno
La musica drammatica occupa uno spazio esiguo nella produzione di Béla Bartók. A differenza infatti della sua opera pianistica e dei Quartetti per archi che hanno accompagnato l'intero arco creativo del compositore, registrandone altresì le più significative svolte stilistiche, i lavori destinati al teatro sono soltanto tre e risultano serrati in un ristretto ambito cronologico: dal 1911, anno di composizione del Castello del Duca Barbablù - la sua unica opera, al 1918-19, periodo in cui vede la luce il balletto II mandarino meraviglioso.
Tra i due lavori drammatici si inserisce il balletto-pantomima principe di legno, un'opera dai rilevati contorni fiabeschi che, scritta in pieno periodo bellico (1914-16), sembra per contrasto far risaltare ancora più grottescamente l'orrore allora dilagante sullo scenario europeo. Tuttavia, fu forse proprio la sua vena disimpegnata e fantastica, distante tanto dalla cupa linea simbolico-psicologica del precedente Barbablù quanto dal realismo brutale del Mandarino, ad assicurare un ampio successo al Principe di legno che, rappresentato il 12 maggio 1917 al Teatro dell'Opera di Budapest, segnò una svolta importante dal punto di vista del nuovo favore mostrato dal pubblico ungherese nei confronti di Bartók.
Eppure il soggetto del balletto, affidato ancora una volta alla penna di Béla Balàzs (già librettista del Barbablù), è apparso alla critica non pienamente convincente, soprattutto sotto il profilo della coerenza drammatica.
In realtà, ciò che più interessa è l'articolazione formale del racconto, cioè la sua potente e studiata simmetria (che ne giustifica alcune incongruenze drammatiche, come quella del voltafaccia della Fata), nonché il sovrapporsi di differenti piani strutturali: la dimensione umana (la semplice storia d'amore tra il Principe e la Principessa), la dimensione fantastica e soprannaturale (gli interventi della Fata), la dimensione grottesca (il "Principe di legno").
Questi differenti elementi drammatici si traducono nel linguaggio musicale di Bartók in altrettanti ingredienti stilistici.

In quegli anni il compositore è alla ricerca di una nuova via in grado di portare il linguaggio musicale al di fuori delle secche in cui l'ha costretto la crisi tonale tardo-romantica. Una possibile soluzione al problema sembra provenirgli dal ricco patrimonio etnofonico della sua terra e dell'Europa orientale (la raccolta sistematica del canto contadino della penisola balcanica e delle regioni circostanti, iniziata nel 1906, prosegue negli anni successivi), e dal linguaggio di Debussy.
L'emancipazione dal rigorismo delle scale maggiori e minori avviene per Bartók grazie soprattutto alla riscoperta dei modi ecclesiastici antichi o addirittura di modi ancora più primitivi (pentatonici) che il patrimonio melodico popolare gli andava a mano a mano rivelando.
Tale materiale gli suggerisce inoltre formule ritmiche e soluzioni metriche più libere e varie, rendendo nel contempo possibili nuove combinazioni armoniche. D'altronde, il suo percorso non è tanto dissimile da quello compiuto da Debussy che, mosso dalle stesse esigenze, non esita nelle sue opere a ricorrere ad un melodismo pentatonico assai simile a quello rivelato dalla musica popolare.
Tuttavia, se nel periodo tra il 1910 e il '20 le soluzioni più originali del linguaggio bartókiano trovano il loro terreno privilegiato per lo più nella produzione pianistica, nei suoi lavori drammatici si avverte invece maggiormente l'influenza del linguaggio musicale europeo.
Il principe di legno si presenta, infatti, come una sorta di ibrido stilistico, concorrendo in esso elementi diversificati (cromatismo tardo-romantico,"impressionismo" francese, tematismo folklorico), attivati evidentemente anche dalla natura pluridimensionale del soggetto. In particolare, riprendendo alcune soluzioni compositive già adottate da Stravinski nell'uccello di fuoco (contrapposizione dell'elemento naturale soprannaturale realizzata musicalmente mediante il contrasto diatonismo cromatismo), Bartók utilizza per caratterizzare il Principe e la Principessa un melodismo largamente ispirato al canto contadino (temi di struttura quaternaria, basati sulla scala pentatonica, con andamento melodico discendente), riservando invece per i passaggi destinati all'intervento soprannaturale un linguaggio decisamente intriso di cromatismo, quando non modellato direttamente sulle armonie evanescenti e i raffinatissimi impasti timbrici di sapore debussyano ("Danza delle onde").

La parte più innovativa del balletto è quella riguardante il "Principe di legno" e la sua grottesca danza con la Principessa: qui il compositore non esita ad utilizzare tutte le risorse del suo linguaggio più avanzato, quali accordi aspramente dissonanti, ritmi "barbarici", audacie timbriche.
Inoltre, vista nel suo insieme, la partitura rivela già quella acuta sensibilità formale che sarà un tratto tipico del linguaggio più maturo di Bartók: la simmetria degli elementi drammatici, segnalata in precedenza, consente infatti di predisporre il discorso musicale in vista di una ripresa rovesciata, nella seconda parte dell'opera, dei materiali già esposti nella prima (si veda la riapparizione scorciata degli episodi orchestrali, che caratterizzavano i tentativi del Principe, nel momento in cui sono ripercorsi dalla Principessa), prefigurando così quella tipica "forma ad arco" che caratterizzerà i suoi lavori strumentali più maturi.

 

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