Nel maggio 1911, ottenuto finalmente il
consenso del padre della fidanzata, Berg
sposò Helene Nahowski, che aveva
conosciuta quattro anni prima e della
quale si era immediatamente innamorato.
Il suo Quartetto, eseguito per la prima
volta il 24 aprile 1911, non ebbe
successo, come c'era da aspettarsi in
quanto l'esecuzione era stata affidata
ad un ensemble costituito ad hoc e
quindi inadeguato ad affrontare un'opera
tanto difficile e innovativa.
Berg mancava di fiducia in se stesso
perché aveva cominciato tardi, non aveva
alcuna competenza negli aspetti
"applicati" della sua arte, cioè
l'esecuzione e la direzione, e non aveva
ancora avuto occasione di giudicare
l'effetto del suo lavoro sulla base
dell'esecuzione: rimase quindi in uno
stato di completa dipendenza dal
giudizio di Schoenberg sulle sue
conquiste e i suoi progressi.
A proposito del Quartetto, poco dopo la
morte di Berg, Schoenberg scrisse:
Trovai assolutamente sorprendente il suo
Quartetto op. 3 per la pienezza e la
naturalezza del suo linguaggio musicale,
per la forza e la sicurezza della sua
scrittura, per la sua elaborazione
sapiente e accurata e per la sua
caratteristica originalità. A
quell'epoca io mi trasferii a Berlino ed
egli si trovò lasciato a se stesso: ha
ampiamente dimostrato di essere in grado
di fare da solo.
E' una tra le primissime opere berghiane
nelle quali la personalità del musicista
appare già in fase di notevole
maturazione.
Diversamente da Schoenberg e da Webern,
che nei lavori giovanili rompono
decisamente con la tradizione liberando
il suono dai vìncoli gerarchici delle
scale diatoniche e dai nessi discorsivi,
il Berg del Quartetto è ancora vincolato
ai modi "narrativi" classico-romantici e
non dissolve affatto l'intelaiatura
"estensiva," limitandosi a contestarla
dall'interno, mediante un acceso
cromatismo che fa della variazione il
principio atto ad esplorare nuovi spazi
non solo melodici e armonici, ma anche
timbrici; domina comunque il calore
espressivo di stampo romantico, se pure
illuminato da riverberazioni
"arbitrarie."
Il primo tempo è scritto nella consueta
forma di "sonata," il secondo in quella
di "rondò."
Da notare come la progressiva
liberazione dai centri d'attrazione
tonale giunga a determinare, nel secondo
movimento, saltuarie formulazioni
dodecafoniche. |