Il 
									violoncellista che indusse Brahms a comporre 
									la superba Sonata in fa maggiore n. 2 op. 99 
									si chiamava Robert Hausmann; per lui il 
									compositore scriverà, nel 1887, anche la 
									parte di violoncello del Doppio Concerto op. 
									102. Hausmann, che dal 1879 suonava nel 
									quartetto dell'amico di Brahms. Joseph 
									Joachim, e aveva molto contribuito a far 
									circolare nei repertorio concertistico la 
									negletta Sonata op. 38, già nel 1884 aveva 
									richiesto al compositore una sonata.  
									Tuttavia sarà soltanto due anni dopo, 
									durante l'estate trascorsa in Svizzera, a 
									Hofstetten, sulle rive del lago di Thun, che 
									Brahms soddisferà la richiesta di Hausmann; 
									al violoncellista berlinese e all'autore si 
									deve, il 24 novembre dello stesso anno a 
									Vienna, la prima esecuzione pubblica della 
									sonata.  
									Il lavoro risale dunque alla felicissima 
									estate creativa del 1886 che vide la 
									composizione anche della Sonata per violino 
									e pianoforte op. 100, del Trio per violino, 
									violoncello e pianoforte op. 101 e dei 
									Lieder op. 105, 106 e 707.  
									Come d'abitudine, Brahms sottomise la nuova 
									composizione al giudizio degli amici. Il 2 
									dicembre 1886 Elisabeth von Herzogenberg, 
									intima confidente musicale di Brahms, 
									manifestò al compositore il suo completo 
									apprezzamento per la sonata, sottolineando 
									con acutezza critica l'essenziale concisione 
									e il flusso impetuoso del primo movimento, 
									l'intensità espressiva del secondo, 
									l'energia imperiosa del terzo, l'intonazione 
									quasi lirica del quarto, in forte contrasto 
									con lo stile grandioso dei movimenti 
									precedenti.  
									 
									Articolata in quattro tempi, la sonata 
									denota una scrittura violonceilistica 
									piuttosto impegnativa. Nel primo movimento, 
									Allegro vivace, Arnold Schònberg scorgerà un 
									esempio particolarmente significativo della 
									cosiddetta entwicklende Variation 
									(variazione evolutiva) brahmsiana, la 
									tecnica per cui nulla si ripete senza 
									generare uno sviluppo, una spinta cinetica.
									 
									In effetti, l'intero movimento, innervato da 
									una continua pressione propulsiva, è 
									costruito sulla base dei due motivi (di 
									quarta ascendente e di semitono) 
									inizialmente enunciati dal violoncello. Come 
									nel movimento d'apertura dell'op. 38, 
									l'esposizione della forma di sonata poggia 
									su tre idee tematiche.  
									Il primo tema, in fa maggiore, è 
									dapprincipio impulsivo e concitato: sui 
									tremoli e poi sugli arpeggi del pianoforte, 
									il violoncello disegna incisi brevi e 
									vigorosi, separati da pause, finché non 
									distende frasi melodiche alle quali 
									corrisponde un acquietarsi 
									dell'accompagnamento pianistico. Quando il 
									pianoforte riprende l'ultima frase del 
									violoncello si profila la transizione al 
									secondo tema, nella quale la pulsazione 
									ritmica tende a farsi ancora più tranquilla. 
									Il secondo tema, in do maggiore, ha piglio 
									eroico; è suonato dal pianoforte e quindi 
									ripreso dal violoncello. Un passaggio di 
									appena due battute con terzine al pianoforte 
									collega il secondo tema al terzo, che 
									conclude l'esposizione. Il terzo tema, in la 
									minore, è caratterizzato da un disegno 
									discendente di sedicesimi, poi da un'arcuata 
									frase melodica che passa dal violoncello al 
									pianoforte; nella chiusa il rapido gioco su 
									due corde del violoncello è accompagnato 
									dagli accordi del pianoforte. Segue il 
									ritornello dell'esposizione. La prima arcata 
									dello sviluppo incomincia nella lontana 
									tonalità di fa diesis minore; 
									l'elaborazione, che trae spunto dal primo 
									tema, ricorre a un linguaggio molto 
									cromatico e si svolge perlopiù nel piano 
									(molto piano sempre e legato), sino a un 
									rapido crescendo, lasciando prevalere 
									nell'intreccio ora il pianoforte ora il 
									violoncello. La seconda arcata, che inizia 
									su un accordo accentato di settima 
									diminuita, si basa anch'essa sul primo tema: 
									sopra i tremoli del violoncello il 
									pianoforte ne scandisce in accordi il 
									profilo melodico, fino a un passaggio che 
									riecheggia la transizione al secondo tema, 
									Quanto alla ripresa, nella sostanza essa 
									ripercorre, con le dovute trasposizioni 
									tonali, l'esposizione. Ritorna allora il 
									primo tema, in fa maggiore; rispetto 
									all'esposizione, cade qui la transizione al 
									secondo tema, del resto già riecheggiata 
									alla fine dello sviluppo. Poi ecco 
									riapparire il secondo tema, ora in fa 
									maggiore, e il terzo tema, ora in re minore. 
									Nella coda, in fa maggiore, che ricorre a 
									elementi del primo e del secondo tema 
									(grazioso sempre piano), l'andamento 
									tumultuoso si placa, il tono si addolcisce 
									in carezzevole affettuosità, ma infine 
									l'epilogo riacquista, con un guizzo, 
									stentoreo vigore. |