MUSICA CLASSICA E ARTE  2008

1887

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A. Bruckner - Sinfonia n. 9 in re min.
La dedica "Al buon Dio" della Sinfonia n. 9 conferma, se occorresse, il nesso tra il sinfonismo di Bruckner e la sua candida fede cattolica, sebbene egli stesso a volte indicasse come occasioni evocative delle sue sinfonie tutt'altre, profane immagini. I tre tempi che Bruckner terminò vennero composti e finiti tra il 1887 e il 1894; del finale Bruckner cominciò un abbozzo che lasciò incompiuto e che è stato ricostruito da Nicola Samale e Giuseppe Mazzuca nel 1986, sulla base degli schizzi superstiti. La prima esecuzione postuma fu diretta da Ferdinand Loewe, a Vienna, l'il febbraio 1903, nella revisione dello stesso Loewe; la versione originale venne eseguita il 2 aprile 1932 a Monaco, direttore von Hausegger. Il Finale ricostruito è stato eseguito singolarmente per la prima volta dall'Orchestra Sinfonica della Radio di Francoforte, con la direzione di Elia-hu Lubal, nel gennaio del 1986, e unitamente alla Sinfonia dall'Orchestra Sinfonica della RAI di Milano con la direzione dello stesso il 22 maggio 1986.
Sia l'attacco del primo tempo della Sinfonia n. 9 come già quello della Ottava, sia lo strumentale, che rimane quasi lo stesso imponente dell'Ottava, con fiati per tre, otto corni di cui quattro si alternano con le quattro tube, preannunciano le grandi dimensioni di quest'opera. Partendo col consueto sfondo (archi in tremolo), il primo tema sembra farsi strada e costruirsi faticosamente fino a un quasi nibelungico squillo di corni che sale e scende per ampi intervalli. Il secondo tema cantabile (archi) sale in alto sino al riapparire di idee smaglianti innervate di sapienza contrappuntistica e di energìa strumentale, e dopo due corali (legni soli, ottoni soli), una coda conduce in crescendo alla conclusione.
Lo Scherzo e una sorta di Landler tragico, dove un enigmatico richiamo dei clarinetti avvia una "domanda" in pizzicato, cui segue una rude e ritmata "risposta" del "tutti" in crescendo; fa da contorno un frusciante di segno rotatorio di violini e cupi squilli di ottoni. Un Trio di carattere danzante mantiene un ritmo egualmente rapido (Schnell) invece che uno più lento, come vorrebbe la tradizione.
Un arco melodico di violini aperto da un salto di settima maggiore ascendente, armonie "tristaniane", rarefazioni di timbri isolati, scoppi in fortissimo con gloriosi e quasi deliranti slanci verso l'acuto di trombe, violini e flauti, corali di sole tube e inni di ottoni costituiscono poi il grande Adagio che interrompe la sinfonia rimasta incompiuta a causa della morte dell'autore.
Com'egli raccomandò prima di morire, la Nona Sinfonia avrebbe dovuto completarsi con il Te Deum quale solenne finale. Una citazione del Te Deum appare, infatti, fra gli schizzi del Finale lasciati dall'autore, serviti a Mazzuca e a Samale per la loro ricostruzione. Questa presenta un primo tema fortemente scandito, collegato a un secondo tema che si configura come una variante del primo per approdare a un'intensa effusione lirica e quindi dar luogo a un nobile terzo tema corale, che, rienunciandola in un radioso maggiore, volge a significati positivi l'idea dell'Adagio, concepito come un congedo dalla vita. Ed ecco l'autocitazione dell'ostinato ritmico del Te Deum, il quale introduce a una grande fuga che sviluppa il materiale tematico precedente. Segue una coda la cui chiusa è costruita sull'ostinato ritmico del Te Deum, che scioglie le tensioni ritmiche, contrappuntistiche ed armoniche, trionfando su ogni altro elemento.

 

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