Moderato (do minore, tempo tagliato), a 
									Adagio sostenuto (mi maggiore, tempo 
									ordinario) — Un poco più animato — Adagio 
									sostenuto (Tempo I). - Allegro scherzando 
									(do maggiore-do minore-do maggiore, tempo 
									ordinario). 
									Ben di rado finora ci è accaduto di parlare 
									diffusamente delle dediche. Orbene, questa 
									volta dobbiamo, perché se una dedica 
									significativa dovesse andare 
									tradizionalmente unita alla denominazione 
									data dall'autore, com'è il caso della Sonata 
									a Kreutzer, il Concerto n. 2 di Rachmaninov 
									avrebbe tutte le carte in regola per 
									chiamarsi Concerto à Monsieur Dahl. 
									 
									Il Monsieur N. Dahl che figura in testa al 
									Concerto n. 2 op. 18 era un medico di Mosca: 
									uno psichiatra, specializzatosi nel curare 
									con l'ipnosi gli alcolizzati. Nel 1900 
									Rachmaninov, paziente del dottor Dahl, non 
									era alcolizzato. Non lo era ancora, ma si 
									distingueva a tal punto nel bere, in un 
									paese dove di alcol non si faceva certo 
									risparmio, che senza il dottor Dahl lo 
									sarebbe probabilmente diventato ben presto. 
									Classico bevitore di vodka, Rachmaninov, 
									classicamente, beveva per dimenticare. E 
									doveva dimenticare di essere un primo della 
									classe che stava fallendo nella professione. 
									Diplomatosi brillantemente in pianoforte a 
									diciott'anni, diplomatosi brllantissimamente 
									in composizione a diciannove anni con 
									l'opera in un atto Aleko, entrato con Aleko 
									nel Teatro Bolshoi di Mosca a vent'anni, 
									protetto agli esordi da un'autorità come 
									Ciaikovsky, a ventisette anni Rachmaninov si 
									ritrovava senz'arte né parte: come 
									concertista di pianoforte, dopo aver 
									esordito a Mosca a diciott'anni, aveva 
									iniziato una tournée d'assaggio in provincia 
									con la violinista Teresina Tua senza neppure 
									portarla a termine; come insegnante si era 
									visto togliere subito una misera classe di 
									pianoforte al Collegio Marjinski, come 
									compositore era andato incontro a 
									ventiquattr'anni, al fiasco colossale della 
									sua Sinfonìa n. 1 op. 13, e come direttore 
									d'orchestra era durato meno d'un anno, dai 
									ventiquattro ai venticinque, nel teatro 
									privato del magnate delle ferrovie Savva 
									Mamontov.
									A ventisei anni, nel 1899, Rachmaninov 
									aveva suonato a Londra alcuni pezzi per 
									pianoforte solo ed aveva diretto il suo 
									poema sinfonico Le Rocker; era stato 
									invitato a ritornare e aveva promesso che 
									sarebbe venuto con un nuovo concerto per 
									pianoforte, concerto che non gli usciva 
									dalla penna. 
									Già liquidato in Russia e sul punto di non 
									saper cogliere l'occasione offertagli da 
									Londra, Rachmaninov si dedicò, in compagnia 
									del critico Juri Sakhanovsky e di altri bei 
									soggetti moscoviti, al bere e agli svaghi 
									che i biografi virtuosi definiscono 
									"disordini morali". 
									Certi amici mandarono Rachmaninov da Lev 
									Tolstoj, maestro di vita oltre che 
									romanziere, che diede al giovane 
									scavezzacollo una solenne lavata di capo..., 
									poco saggia, come ritenne Rachmaninov e come 
									gli confermò Cecov, per il quale tutto 
									doveva essere dipeso dal mal di stomaco di 
									Tolstoj: «Quando non sta bene è capace di 
									dire delle stupidaggini. Ma non bisogna 
									farci caso, non ha importanza». Così 
									concludeva Cecov. E Rachmaninov commentava 
									ancora quarant'anni dopo: «Che uomo, quel 
									Cecov». 
									Fallita la dieta Tolstoj, certe premurose 
									amiche convinsero Rachmaninov a farsi curare 
									dal dottor Dahl, violinista dilettante e 
									membro di un quartetto ippocratico. Dal 
									gennaio all'aprile del 1900 Rachmaninov si 
									recò ogni giorno nello studio del dottore 
									per farsi ipnotizzare e sentirsi ripetere: 
									«Lei si metterà a scrivere il concerto. 
									Lavorerà senza fatica. Il concerto sarà 
									eccellente». Finita la cura, Rachmaninov 
									partì per l'Italia in compagnia del basso 
									Scialiapin e si riposò a Varazze, trovando 
									la cittadina ligure straordinariamente 
									rumorosa. In luglio passò a Milano dove, 
									oltre al rumore, capitò dentro ad un caldo 
									infernale, e tornò in Russia. 
									Il 2 dicembre Rachmaninov eseguiva a 
									Mosca il secondo e il terzo tempo del 
									Concerto op. 18, sotto la direzione del suo 
									exmaestro di pianoforte, nonché cugino, 
									Alexandr Siloti. Il primo tempo fu composto 
									nel 1901 e l'intero Concerto venne eseguito 
									per la prima volta a Mosca in ottobre. 
									Nell'inverno del 1902 il Concerto fu 
									presentato a Londra dal pianista russo 
									Vasily Sapelnikov, in aprile venne eseguito 
									a S. Pietroburgo da Alexandr Siloti sotto la 
									direzione di uno dei maggiori maestri del 
									tempo, Arthur Nikisch; poco dopo i due 
									artisti rieseguivano il lavoro al Gewandhaus 
									di Lipsia. 
									Lanciato così il Concerto nel mondo musicale 
									europeo, Rachmaninov sistemava in modo 
									moralmente ordinato la sua vita sposando la 
									cugina Nathalie Satin il 12 maggio 1902. 
									Quanto al bere, dice uno dei suoi biografi, 
									«è tanto se assaggiò un po' d'alcol durante 
									il resto della sua vita». 
									 
									La struttura del Concerto è quella dei 
									concerti dei pianisti-compositori, che pur 
									impegnando molto l'orchestra tenevano sempre 
									conto di quel che avevano scoperto i vecchi 
									volponi del Biedermeier: più il pianoforte 
									suona, meglio è. Le maggiori singolarità 
									strutturali del primo tempo consistono nella 
									brevissima introduzione, con i grandi 
									accordi alternati al rintocco profondo di un 
									fa basso, e nella tonalità in cui viene 
									presentato, nella riesposizione, il secondo 
									tema. A parte ciò, le strutture sono molto 
									schematiche e l'interesse della composizione 
									si accentra sulla bellezza e sulla forza 
									emotiva, invero molto elevata, dei due temi 
									principali. 
									Il secondo tempo è in mi maggiore, ma non 
									inizia nella tonalità principale: inizia in 
									do minore (tonalità del primo tempo) e 
									modula a mi maggiore nel breve spazio di 
									quattro battute. Il secondo tempo è in tre 
									parti ma non, come si potrebbe aspettare, in 
									forma di canzone. Il tema principale, che è 
									formato da più elementi melodici 
									sovrapponibili, viene sviluppato nella parte 
									centrale fino ad un punto culminante 
									(cadenza del pianoforte); la ripresa del 
									tema principale viene vivificata da una 
									perorazione del pianoforte in cui il 
									pianista Rachmaninov sapeva mettere 
									superbamente in luce le sue personali 
									capacità di "cantare" sullo strumento a 
									corde percosse. 
									Due incisioni del Concerto con Rachmaninov 
									al pianoforte restano a testimoniare questo 
									momento dell'esecuzione di Rachmaninov, che 
									dal vivo doveva però essere ancora più 
									impressionante; ad esempio, Lovro von 
									Matacic, che diresse più volte il Concerto 
									durante una tournée in Polonia con 
									Rachmaninov, diceva che lui stesso, sul 
									podio, restava ogni volta sorpreso e stupito 
									per l'atmosfera che Rachmaninov suscitava. 
									Anche il terzo tempo non inizia nella sua 
									tonalità ma nella tonalità del secondo 
									tempo. Si tratta, evidentemente, di una 
									variante della soluzione formale di 
									Mendelssohn, dettata dalla preoccupazione di 
									conferire al concerto una più evidente 
									coesione. Altro elemento di coesione è il 
									richiamo, all'inizio del terzo tempo, ad uno 
									dei temi del primo tempo. Il terzo tempo è 
									in forma-sonata come il primo, con 
									caratteristiche molto simili e con gli 
									stessi pregi. Famosissimo è il secondo tema 
									del terzo tempo, tema che, a detta del 
									critico Leonid Sabane'ev, non sarebbe di 
									Rachmaninov ma del suo amico Nikita Morozov. 
									Ascoltando un brano di Morozov, Rachmaninov 
									avrebbe detto: «Oh! ma è una melodia che 
									avrei potuto comporre io». «Ebbene, perché 
									non te la prendi?», avrebbe risposto Morozov. 
									E Rachmaninov non si sarebbe fatto pregare. 
									Caratteristica formale dell'ultimo tempo, 
									analoga a quella del primo, è la 
									riesposizione del secondo tema in una 
									tonalità inattesa (re bemolle maggiore); 
									Rachmaninov si riserva così la tonalità 
									luminosa di do maggiore per un ultimo, 
									trionfante ritorno del fascinosissimo 
									secondo tema, seguito da un breve momento di 
									baccano musicale che prelude già al baccano 
									del pubblico entusiasmato.  |