MUSICA CLASSICA E ARTE  2008

1897

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S. Rachmaninov Concerto n.2 in do min. op.18
Moderato (do minore, tempo tagliato), a Adagio sostenuto (mi maggiore, tempo ordinario) — Un poco più animato — Adagio sostenuto (Tempo I). - Allegro scherzando (do maggiore-do minore-do maggiore, tempo ordinario).
Ben di rado finora ci è accaduto di parlare diffusamente delle dediche. Orbene, questa volta dobbiamo, perché se una dedica significativa dovesse andare tradizionalmente unita alla denominazione data dall'autore, com'è il caso della Sonata a Kreutzer, il Concerto n. 2 di Rachmaninov avrebbe tutte le carte in regola per chiamarsi Concerto à Monsieur Dahl.

Il Monsieur N. Dahl che figura in testa al Concerto n. 2 op. 18 era un medico di Mosca: uno psichiatra, specializzatosi nel curare con l'ipnosi gli alcolizzati. Nel 1900 Rachmaninov, paziente del dottor Dahl, non era alcolizzato. Non lo era ancora, ma si distingueva a tal punto nel bere, in un paese dove di alcol non si faceva certo risparmio, che senza il dottor Dahl lo sarebbe probabilmente diventato ben presto. Classico bevitore di vodka, Rachmaninov, classicamente, beveva per dimenticare. E doveva dimenticare di essere un primo della classe che stava fallendo nella professione. Diplomatosi brillantemente in pianoforte a diciott'anni, diplomatosi brllantissimamente in composizione a diciannove anni con l'opera in un atto Aleko, entrato con Aleko nel Teatro Bolshoi di Mosca a vent'anni, protetto agli esordi da un'autorità come Ciaikovsky, a ventisette anni Rachmaninov si ritrovava senz'arte né parte: come concertista di pianoforte, dopo aver esordito a Mosca a diciott'anni, aveva iniziato una tournée d'assaggio in provincia con la violinista Teresina Tua senza neppure portarla a termine; come insegnante si era visto togliere subito una misera classe di pianoforte al Collegio Marjinski, come compositore era andato incontro a ventiquattr'anni, al fiasco colossale della sua Sinfonìa n. 1 op. 13, e come direttore d'orchestra era durato meno d'un anno, dai ventiquattro ai venticinque, nel teatro privato del magnate delle ferrovie Savva Mamontov.

A ventisei anni, nel 1899, Rachmaninov aveva suonato a Londra alcuni pezzi per pianoforte solo ed aveva diretto il suo poema sinfonico Le Rocker; era stato invitato a ritornare e aveva promesso che sarebbe venuto con un nuovo concerto per pianoforte, concerto che non gli usciva dalla penna.
Già liquidato in Russia e sul punto di non saper cogliere l'occasione offertagli da Londra, Rachmaninov si dedicò, in compagnia del critico Juri Sakhanovsky e di altri bei soggetti moscoviti, al bere e agli svaghi che i biografi virtuosi definiscono "disordini morali".
Certi amici mandarono Rachmaninov da Lev Tolstoj, maestro di vita oltre che romanziere, che diede al giovane scavezzacollo una solenne lavata di capo..., poco saggia, come ritenne Rachmaninov e come gli confermò Cecov, per il quale tutto doveva essere dipeso dal mal di stomaco di Tolstoj: «Quando non sta bene è capace di dire delle stupidaggini. Ma non bisogna farci caso, non ha importanza». Così concludeva Cecov. E Rachmaninov commentava ancora quarant'anni dopo: «Che uomo, quel Cecov».
Fallita la dieta Tolstoj, certe premurose amiche convinsero Rachmaninov a farsi curare dal dottor Dahl, violinista dilettante e membro di un quartetto ippocratico. Dal gennaio all'aprile del 1900 Rachmaninov si recò ogni giorno nello studio del dottore per farsi ipnotizzare e sentirsi ripetere: «Lei si metterà a scrivere il concerto. Lavorerà senza fatica. Il concerto sarà eccellente». Finita la cura, Rachmaninov partì per l'Italia in compagnia del basso Scialiapin e si riposò a Varazze, trovando la cittadina ligure straordinariamente rumorosa. In luglio passò a Milano dove, oltre al rumore, capitò dentro ad un caldo infernale, e tornò in Russia.

Il 2 dicembre Rachmaninov eseguiva a Mosca il secondo e il terzo tempo del Concerto op. 18, sotto la direzione del suo exmaestro di pianoforte, nonché cugino, Alexandr Siloti. Il primo tempo fu composto nel 1901 e l'intero Concerto venne eseguito per la prima volta a Mosca in ottobre. Nell'inverno del 1902 il Concerto fu presentato a Londra dal pianista russo Vasily Sapelnikov, in aprile venne eseguito a S. Pietroburgo da Alexandr Siloti sotto la direzione di uno dei maggiori maestri del tempo, Arthur Nikisch; poco dopo i due artisti rieseguivano il lavoro al Gewandhaus di Lipsia.
Lanciato così il Concerto nel mondo musicale europeo, Rachmaninov sistemava in modo moralmente ordinato la sua vita sposando la cugina Nathalie Satin il 12 maggio 1902. Quanto al bere, dice uno dei suoi biografi, «è tanto se assaggiò un po' d'alcol durante il resto della sua vita».

La struttura del Concerto è quella dei concerti dei pianisti-compositori, che pur impegnando molto l'orchestra tenevano sempre conto di quel che avevano scoperto i vecchi volponi del Biedermeier: più il pianoforte suona, meglio è. Le maggiori singolarità strutturali del primo tempo consistono nella brevissima introduzione, con i grandi accordi alternati al rintocco profondo di un fa basso, e nella tonalità in cui viene presentato, nella riesposizione, il secondo tema. A parte ciò, le strutture sono molto schematiche e l'interesse della composizione si accentra sulla bellezza e sulla forza emotiva, invero molto elevata, dei due temi principali.

Il secondo tempo è in mi maggiore, ma non inizia nella tonalità principale: inizia in do minore (tonalità del primo tempo) e modula a mi maggiore nel breve spazio di quattro battute. Il secondo tempo è in tre parti ma non, come si potrebbe aspettare, in forma di canzone. Il tema principale, che è formato da più elementi melodici sovrapponibili, viene sviluppato nella parte centrale fino ad un punto culminante (cadenza del pianoforte); la ripresa del tema principale viene vivificata da una perorazione del pianoforte in cui il pianista Rachmaninov sapeva mettere superbamente in luce le sue personali capacità di "cantare" sullo strumento a corde percosse.
Due incisioni del Concerto con Rachmaninov al pianoforte restano a testimoniare questo momento dell'esecuzione di Rachmaninov, che dal vivo doveva però essere ancora più impressionante; ad esempio, Lovro von Matacic, che diresse più volte il Concerto durante una tournée in Polonia con Rachmaninov, diceva che lui stesso, sul podio, restava ogni volta sorpreso e stupito per l'atmosfera che Rachmaninov suscitava.

Anche il terzo tempo non inizia nella sua tonalità ma nella tonalità del secondo tempo. Si tratta, evidentemente, di una variante della soluzione formale di Mendelssohn, dettata dalla preoccupazione di conferire al concerto una più evidente coesione. Altro elemento di coesione è il richiamo, all'inizio del terzo tempo, ad uno dei temi del primo tempo. Il terzo tempo è in forma-sonata come il primo, con caratteristiche molto simili e con gli stessi pregi. Famosissimo è il secondo tema del terzo tempo, tema che, a detta del critico Leonid Sabane'ev, non sarebbe di Rachmaninov ma del suo amico Nikita Morozov. Ascoltando un brano di Morozov, Rachmaninov avrebbe detto: «Oh! ma è una melodia che avrei potuto comporre io». «Ebbene, perché non te la prendi?», avrebbe risposto Morozov. E Rachmaninov non si sarebbe fatto pregare.
Caratteristica formale dell'ultimo tempo, analoga a quella del primo, è la riesposizione del secondo tema in una tonalità inattesa (re bemolle maggiore); Rachmaninov si riserva così la tonalità luminosa di do maggiore per un ultimo, trionfante ritorno del fascinosissimo secondo tema, seguito da un breve momento di baccano musicale che prelude già al baccano del pubblico entusiasmato.

 

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