A partire dagli 
									anni Trenta, la musica di Gershwin mostra un 
									deciso progresso tecnico. Accanto alle 
									qualità che avevano decretato il clamoroso 
									successo della Rapsodia in blu, cioè la 
									freschezza e la spontaneità inventiva, si 
									iniziano a notare una maggiore complessità 
									ritmica, un impiego sciolto del 
									contrappunto, una scrittura orchestrale più 
									scaltrita. Un certo influsso, in questa 
									evoluzione, dovettero certamente esercitare 
									gli studi sistematici di orchestrazione e 
									composizione intrapresi in quegli anni. La 
									Seconda Rapsodia per orchestra con 
									pianoforte è un perfetto esempio della nuova 
									strada imboccata dall'arte di Gershwin. La 
									genesi della composizione è del tutto 
									atipica. Nel 1931 Gershwin era stato 
									chiamato a Hollywood per comporre la colonna 
									sonora del film Belicious. Nelle sequenze 
									finali, dove la protagonista vaga disperata 
									per le strade di Manhattan, il dialogo si 
									riduce al minimo e la musica, mescolata ai 
									rumori della strada, diventa protagonista 
									assoluta; Gershwin scrisse per queste scene 
									otto minuti circa di musica, una musica 
									pulsante che rendeva bene l'atmosfera della 
									metropoli moderna. Licenziato il film, 
									Gershwin decise di ampliare questa «Rapsodia 
									di Manhattan» ricavandone una pagina 
									sinfonica indipendente. Mantenne tutti i 
									temi del lavoro originale, li ampliò e 
									sviluppò, senza aggiungerne di nuovi; 
									conservò identico anche il finale. La nuova 
									composizione orchestrale, portata a termine 
									nel maggio del 1931, fu detta dapprima New 
									York Rhapsody e in seguito Seconda Rapsodia. 
									Contrariamente alle sue abitudini, Gershwin 
									non la presentò immediatamente al pubblico: 
									la Rapsodia fu eseguita solo il 29 gennaio 
									dell'anno successivo a Boston, con la Boston 
									Symphony Orchestra diretta da Serge 
									Koussevitzky e l'autore stesso nelle vesti 
									di pianista. Il lavoro non riuscì a 
									guadagnare l'immediata popolarità della 
									Rapsodia in blu, al cui confronto fu trovato 
									meno spontaneo e originale; ciononostante la 
									Seconda Rapsodia fu apprezzata per la forma 
									e soprattutto per l'orchestrazione, forse 
									meno effervescente ma sicuramente più 
									accurata. 
									 
									La Rapsodia si articola in tre parti ben 
									distinte: come nella Rapsodia in blu, la 
									parte centrale è più lenta e ha carattere 
									contrastante, l'ultima è più animata e in 
									crescendo. Il pianoforte esegue alcuni soli, 
									ma è trattato più come uno strumento 
									dell'orchestra che come un solista. La 
									musica non segue un programma vero e 
									proprio; l'unico riferimento specifico a 
									qualcosa di extramusicale sta nel tema 
									principale [4.031, il cui ritmo insistente 
									pare suggerire il lavorio di tanti martelli 
									(per questo motivo la Seconda Rapsodia è 
									anche detta «Ehapsody in Rivets», cioè «dei 
									bulloni»). 
									È un motivo che evoca l'animazione della 
									folla, il rumore delle strade, insomma la 
									città moderna operosa e pulsante di vita; è 
									la Manhattan frenetica, vista con gli occhi 
									timorosi dell'immigrato che è protagonista 
									del film. L'insistente moto percussivo del 
									tema principale si alterna a momenti 
									riflessivi: è il caso di un secondo motivo 
									più calmo [4.04], che Gershwin definì «brahmsiano» 
									(nel film, in origine, era il tema che 
									accompagnava la notte). Ispirata a un 
									lirismo espansivo è la seconda parte della 
									Rapsodia [4.10], dominata da un tema 
									cantabile e sentimentale; scompaiono qui 
									l'ossessione del ritmo metropolitano e ogni 
									traccia di brutalità meccanica. La terza e 
									ultima parte [4.11] torna alla vivacità 
									iniziale: è la ripresa abbreviata e 
									modificata della prima parte, e ha al tempo 
									stesso la funzione di un'ampia e brillante 
									coda conclusiva. |