Composti tra il 1901 e il 1904, i
Kindertotenlieder furono pubblicati nel 1905
e presentati nello stesso anno a Vienna in
un concerto organizzato dalla Vereinigung
schaffender Tonkùnstler, sotto la direzione
dell'autore. Il poeta Rùckert aveva
composto, tra il 1833 e il 1834, 448 poesie
ispirate alla tragica morte dei due
figlioletti, Ernst e Luise. Da quella
raccolta Mahler scelse sei poesie, due delle
quali fuse in una, e le musicò con animo
commosso, quasi presago che di lì a poco
(nel 1907) egli stesso avrebbe perduto la
figlia primogenita, Maria, egualmente
stroncata dalla scarlattina.
La musica dei Kindertotenlieder oscilla tra
i poli della disperazione e della
rievocazione struggente. In realtà i
contenuti poetici di Rùckert si traducono
nella musica di Mahler in altrettante
metafore, intensamente liriche, della vanità
del mondo. Vi si avverte netto il distacco
dai Lieder precedenti, da quelli tratti
dalla raccolta di Arnim e Brentano Dei
Knaben Wunderhom, dove ricorrevano le
immagini incantate del mondo popolare, del
regno della fiaba, della stagione
dell'infanzia, della vita del villaggio. Il
primo Lied esprime intensamente il
sentimento di rivolta verso una vita che
continua, nonostante l'accadere della
tragedia. Ma il gesto è vocalmente
trattenuto, avvolto in raggelanti
raffinatezze timbriche (arpa, campanelli,
strumentini soli e corno). E soltanto per un
Mahler breve momento l'agitazione e
l'impulso ribelle prevalgono nell'orchestra,
tacendo la voce, prima della ripresa finale.
Il secondo Lied si apre con un penetrante
inciso dei violoncelli, che poi continua ad
accompagnare il ricordo dei segni
premonitori della tragedia, che erano
visibili, quale "fiamma oscura", negli occhi
stessi dei bambini. Il canto si distende poi
appassionato quando il poeta riconosce nelle
stelle del cielo proprio quegli occhi. Ma
subito dopo l'orchestra conclude da sola,
riportando l'espressione alla muta
sofferenza iniziale.
Il terzo Lied si culla nell'illusione che i
bambini siano ancora vivi nella quotidianità
della vita familiare, che viene resa in un
quadro musicale animato da melopee semplici
e infantili, immerse tuttavia in una
timbrica fredda ed agghiacciante, sì che
l'illusione si rivela tale, e il Lied si
chiude con un grido disperato.
Di nuovo, la poesia del quarto Lied si
abbandona all'illusione, questa volta, che i
bambini, forse siano soltanto usciti,
affidandosi a una nenia, un poco arcaica, un
poco popolare, che si snoda ininterrotta. Il
quinto Lied è nettamente bipartito: la prima
parte, evocando la bufera nella quale si
immagina che siano usciti i bambini, dà
luogo all'unico episodio sinfonico concitato
del ciclo. Poi il pensiero consolatorio di
come i bambini ora siano lontani dalla
tempesta del mondo e riposino protetti dalla
mano di Dio porta ad una visione
timbricamente trasfigurata, entro la quale
il canto dolcemente si scioglie, mentre un
corno intesse l'ultimo compianto. |