MUSICA CLASSICA E ARTE  2008

1911

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A. Schoenberg - Sei piccoli pezzi per pianoforte op. 19
I Sei piccoli pezzi per pianoforte op. 19 (1911) cadono in un momento critico della parabola creativa di Arnold Schònberg. Essi rappresentano il limite estremo del periodo atonale, di libera emancipazione della dissonanza, al di là del quale l'alternativa possibile era data dal definitivo ammutolimento o dalla riorganizzazione della musica su basi completamente rinnovate. Per la loro dimensione aforistica, questi pezzi richiedono, anche solo per essere percepiti nel loro semplice dispiegarsi, un tempo psicologico molto più lungo di quanto non sia la loro durata che complessivamente non supera i cinque minuti.

Il primo (Leicht, zari), il più lungo della serie, si snoda lungo percorsi imprevedibili di libera ispirazione, cominciando sommessamente, ppp, e altrettanto sommessamente spegnendosi in un punto coronato che prolunga il suono oltre l'ultima divisione di battuta. Il pezzo raggiunge il suo apice intensivo al termine della prima sezione in un tessuto melodico e armonico più teso e complesso, e tocca nella sezione centrale, ma solo per un momento, un forte che subito si rapprende in un pianissimo. Per il resto le indicazioni sparse nel testo sono tutte tese a una sonorità essenzialmente intima con un ritegno trattenuto e una concentrazione esemplare.

Il secondo pezzo (Langsam) è l'elaborazione di un ostinato, un bicordo di terza maggiore scandito irregolarmente, pianissimo, per tutta la lunghezza del brano in un movimento lento e uniforme in quattro quarti, tranne che in un punto in cui, dopo che una sincope ne aveva già spostato il peso metrico sortendo un effetto di sottile inquietudine, si arresta per poi riprendere l'inesorabile pulsazione fino a indugiare, un poco ritenuto, estinguendosi sotto un accordo coronato nell'acuto.

Il terzo pezzo (Sehr langsam) si articola in due sezioni contrastanti, nella prima delle quali (prime quattro battute) la mano destra suona sempre forte e la sinistra pianissimo, i piani sonori ponendosi in contrasto fra loro, mentre nella seconda, svolta a quattro e a cinque voci in tranquille crome e semiminime, la musica decresce dal piano al pianissimo. Il pezzo si chiude in una dinamica ridottissima entro la quale, in tanta essenzialità di gesti, la semplice insistenza su un mi bemolle si carica di una formidabile pregnanza mnestica.

Il quarto pezzo (Rasch, aber leicht) è una sorta di recitativo in miniatura che i suoi due temi esposti lungo le prime nove battute condensa nelle ultime quattro in un violento martellato e in una energica spezzatura ritmica.

Il quinto (Etwas rasch) si snoda fluidamente lungo un'unica linea melodica interrotta appena da brevi respiri, tutta contenuta nel registro mediano dello strumento ed eseguita sottovoce, in modo delicato ma pieno. Solo la conclusione, suona inizialmente aspra in un forte svettante, per poi dileguarsi (poco a poco ritenuto - molto ritenuto) in un ineffabile pianissimo.

L'ultimo pezzo (Sehr langsam) è il più straordinario. Con esso il grido originario espressionista sembra congelarsi in una trama sonora di diafana consistenza, giocata sulla sovrapposizione di due accordi con effetto di campana funebre e sulle interne riverberazioni di motivi minimi. Alla terz'ultima misura un'esile, essenziale linea melodica ripiegata su se stessa suona con espressione dolcissima, in una irreale sospensione del moto accordale. Schònberg scrisse questo pezzo poco dopo la morte di Gustav Mahler che fu per lui un protettore benevolo e un amico fedele: l'indicazione tutta mahleriana wie ein Hauch (come un soffio) inscritta nell'ultima battuta di questo pezzo che svanisce in un impalpabile pppp, tradisce evidentemente l'intenzione dell'omaggio postumo.

 

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