Prokofiev scrive
il suo Concerto n. 1 per pianoforte mentre è
ancora allievo del conservatorio di S.
Pietroburgo.
Nel 1909 il diciottenne Prokofiev ha già
conseguito il diploma di composizione, con
il relativo titolo di "libero artista", ma
ha poi intrapreso studi di direzione
d'orchestra con Nicolai Cerepnin, e si è
iscritto nella classe di pianoforte della
celebre Annetta Essipova.
Nel 1911 Prokofiev decide di scrivere un
pezzo per pianoforte e orchestra, che chiama
Concertino.
Il Concerto op.10 è terminato nel gennaio
del 1912 un anno felicemente operoso per
Prokofiev che è eseguito dall'autore al
Circolo Sokol di Mosca, il 7 agosto.
Se l'importanza della parte solistica e
l'imponente organico orchestrale spiegano il
titolo di Concerto, le proporzioni dell'op.
10 rimangono quelle del concertino. La
composizione raggiunge infatti una durata
sensibilmente inferiore a quella dei
concerti scritti tra la fine dell'Ottocento
e l'inizio del Novecento; la forma, inoltre,
non è quella classica in tre o quattro
tempi, con il primo tempo in forma-sonata.
Il primo tempo si organizza sul susseguirsi
di vari temi, che danno origine a sei
episodi, collegati e ritmicamente affini, ma
tematicamente differenziati: il primo
episodio è a modo di marcia, il secondo a
modo di toccata, il terzo a modo di
tarantella, il quarto riunisce i caratteri
della marcia e della tarantella - ma
restando tematicamente indipendente dal
primo e dal terzo- il quinto e il sesto sono
ancora a modo di marcia. Dopo il sesto
episodio viene ripreso il primo episodio,
con il quale si chiude il primo tempo. Il
primo episodio serve così da cornice al
primo tempo e ne delimita nettamente la
struttura.
L'unità formale del primo tempo viene quindi
ottenuta da Prokofiev senza far ricorso alle
tradizionali simmetrie e al tradizionale
sviluppo tematico: i temi, si susseguono
secondo una logica formale facile da
cogliere all'audizione, difficilissima da
individuare all'analisi.
I rapporti tra i temi, che permettono a sei
episodi consecutivi di costituire una forma
organica e non un rapsodico seguito di belle
idee, sottili, profonde e istintive.
E' tuttavia importante il fatto che a poco
più di vent'anni Prokofiev riesce a superare
la tradizionale logica delle forme.
Il secondo tempo, che segue senza
interruzione, è molto più vicino alla
tradizione del tardoromanticismo. Il tema
principale, esposto dai violini con sordina,
ha un profilo melodico già tipico di
Prokofiev, e ancor più tipici di Prokofiev
sono da considerare gli interventi del
clarinetto e dei corni alla conclusione del
tema. L'impianto formale è invece
tradizionale: lenta ascesa verso un punto
culminante — con tema in fortissimo agli
archi sulle rombanti batterie di accordi
ribattuti del pianoforte — e lenta
distensione, con progressivo dissolvimento
del materiale melodico e della sonorità.
Il terzo tempo, come già detto, riprende in
ordine inverso gli episodi del primo tempo,
modificati e variati, e con inserimento di
una Cadenza del pianoforte. I ritorni
tematici possono far pensare che Prokofiev
abbia avuto presenti i concerti di Liszt, o
più probabilmente il Concerto op.30 di
Rimski Korsakov, che deriva direttamente da
Liszt.
L'originalità formale di Prokofiev è però
assoluta, e il Concerto op. 10 trova in
Liszt e in Rimski Korsakov dei precedenti
storici, ma non dei modelli. |