1913; riveduto
nel 1923
'Revisione' non va inteso qui nel senso
solitamente attribuito a questa parola.
Il Secondo concerto, terminato nel 1913,
venne eseguito per la prima volta a Pavlovsk
(nei pressi di Pietroburgo) più tardi
durante lo stesso anno; ma la partitura
originale venne distrutta in un incendio, e
nel 1923 Prokofiev scrisse una versione
nuova della composizione, che fu eseguita
l'anno seguente a Parigi. In ambedue queste
'prime' fu Prokofiev stesso a suonare la
parte solistica. Vi sono vari aspetti sotto
i quali il Secondo concerto per pianoforte
tradisce la determinazione di Prokofiev di
compiere un passo avanti rispetto al Primo:
primo (ed è l'aspetto più evidente), per
quanto ne riguarda le dimensioni; secondo,
per la brillantezza pianistica; e infine per
la sostanza, o meglio il contenuto musicale.
Nelle sue proprie riflessioni il compositore
decise di concentrare la sua attenzione sul
contenuto: "I rimproveri riguardanti il mio
Primo concerto, che esso cioè si distingueva
soprattutto per l'esibizionismo superficiale
e per l'acrobatismo di tastiera, mi
indussero alla ricerca d'una maggiore
profondità nel Secondo concerto". Nel 1913,
tuttavia, il pubblico fu contemporaneamente
deluso e costernato. Alcuni abbandonarono la
sala durante l'esecuzione; altri rimasero
per fischiare la composizione. Forse
l'originale era più travolgente della
composizione che conosciamo oggi. Certo
Prokofiev sostenne che la sua 'revisione'
era stata talmente radicale che ne risultò
una composizione quasi del tutto nuova, ma
questa sua affermazione è stata smentita.
Anche al giorno d'oggi il Secondo concerto
rimane indiscutibilmente fra i cinque quello
che riscuote meno successo. Se è difficile
per l'ascoltatore accettare che in complesso
la sua durata è giustificata, ciò è dovuto
alla successione di tre movimenti veloci
(2-4), tutti di carattere più o meno
scherzoso, simili a balletti, e alla
concentrazione di buona parte del fascino
lirico nell'Andantino introduttivo. Inoltre,
se si considera l'accusa di 'acrobatismo' -
cioè virtuosismo come fine a se stesso -
alcune sezioni del Secondo concerto sono
molto più criticabili di qualsiasi passaggio
del Primo.
Tuttavia, pur considerando tutti gli aspetti
negativi, rimane sempre un'opera di immensa
vitalità ed entusiasmo, e i primi due
movimenti sono da collocare fra le sue
maggiori imprese. Chiaramente, in questo
concerto Prokofiev accettò la sfida del
concerto 'in grande stile' - impiegando
tuttavia i propri mezzi creativi. Il tema
introduttivo, specialmente nella seconda
strofa, ricorda molto Rachmaninov, ma
possiede una snellezza caratteristica e una
certa moderazione nelle armonie, mentre il
suo romanticismo inerente viene frenato
immediatamente dal secondo tema,
estremamente sobrio e quasi grottesco. Degno
di nota, nel movimento iniziale, è la
ricapitolazione e la sezione dello sviluppo
(in questa successione) del primo tema in
forma d'una cadenza elaborata. Nel secondo
movimento, il solista mantiene la
predominanza senza alcuna possibilità di
tirare il fiato, e i sedicesimi velocissimi
scorrono ininterrotti dall'inizio alla fine.
Nell'Intermezzo e nel Finale trapela una
certa vena 'fantastica', molto cara al
giovane Prokofiev, insieme a una bravura
lisztiana trasportata in chiave moderna.
Nel finale questa tendenza viene
contrappesata da un tema squisitamente
levigato, di aspetto quasi raveliano. |