Il Concerto n. 3 in re min. op. 30, composto 
									da Rachmaninov nel 1909, ed eseguito per la 
									prima volta a New York il 28 novembre di 
									quello stesso anno, suonato dall'autore e 
									diretto da Walter Damrosch, è un'opera di 
									notevole impegno formale, in cui Rachmaninov 
									abbandona parzialmente certi toni retorici e 
									magniloquenti per privilegiare un'effusività 
									più lirica e raccolta. Di questo concerto, 
									che è il più lungo di Rachmaninov, l'autore 
									(che a partire dalla fine degli anni Trenta 
									aveva smesso di eseguirlo ritenendosi 
									inferiore come interprete a pianisti più 
									giovani come Horowitz e Gieseking) aveva 
									curato anche una versione drasticamente 
									ridotta, che però non godette mai di 
									particolare successo. 
									 
									Il primo movimento, Allegro ma non tanto, ha 
									un andamento tranquillo e contemplativo ed è 
									quasi completamente affidato al solista che 
									tace solo in un luogo, durante il ponte 
									suonato dall'orchestra, che unisce 
									nell'esposizione il primo al secondo tema. 
									Quest'ultimo tema è il più seducente 
									dell'intero concerto, malgrado che lo 
									sviluppo dell'Allegro ma non tanto sia tutto 
									basato su metamorfosi del primo tema e nella 
									ripresa sia appena accennato.  
									Il secondo tempo, Intermezzo, Adagio, è una 
									pagina di gusto schiettamente romantico, 
									ricca di appassionato lirismo: verso la fine 
									le terzine del pianoforte suggeriscono in 
									filigrana un malinconico valzer in fa diesis 
									min. melodicamente intonato dal clarinetto e 
									dal fagotto e accompagnato dal pizzicato 
									degli archi.  
									 
									Nel terzo tempo, Finale, alla breve, 
									ritornano spunti tematici del primo 
									movimento, rielaborati con grande 
									virtuosismo; la coda esplora ulteriori 
									sonorità, dapprima riprendendo il tema 
									principale del primo movimento atteggiato in 
									una sorta di danza macabra, eppoi 
									concludendo con uno sfrenato trattamento del 
									secondo tema del Finale stesso. |