I pini di
Villa Borghese (Allegretto vivace, Più
vivo, Vivace) - I pini presso una
catacomba (Lento, Più mosso, Ancora più
mosso, Poco meno, Più lento) - I pini
del Gianicolo (Lento) - I pini della via
Appia (Tempo di Marcia).
Ispirano la prima parte del poema
sinfonico i giochi, sotto i pini di
Villa Borghese, dei fanciulli che
ballano in tondo, fingono marce
soldatesche, s'inebriano di strilli come
rondini a sera, e sciamano via
(Allegretto vivace, Più vivo, Vivace).
Improvvisamente la scena si tramuta, ed
ecco (Lento) l'ombra dei pini che
coronano l'ingresso di una catacomba:
sale dal profondo una salmodia accorata
(tromba interna, il più lontano
possibile, Più mosso), si diffonde
solenne come un inno (Ancora più mosso)
e dilegua misteriosa (Poco meno, Più
lento).
Trascorre nell'aria un fremito: nel
plenilunio sereno si profilano i pini
del Gianicolo (Lento). Un usignolo
canta.
L'ultima parte del poema sinfonico, a
Tempo di Marcia, comincia in un
indistinto pianissimo e conclude in uno
strepitoso fortissimo di tutta
l'orchestra. All'inizio, timpano,
pianoforte, violoncelli e contrabbasso,
appena percepibili, nell'estremo
registro grave, evocano un'alba nebbiosa
sulla Via Appia.
La campagna tragica è vigilata da pini
solitari. Indistinto, incessante, il
ritmo d'innumerevoli passi. Alla
fantasia appare una visione di antiche
glorie: squillano le buccine e un
esercito consolare irrompe, nel fulgore
del nuovo sole, verso la Via Sacra, per
ascendere al trionfo del Campidoglio.
Le quattro parti dei Pini di Roma,
composte nel 1924 e presentate
all'Augusteo di Roma il 14 dicembre di
quell'anno, sotto la direzione di
Bernardino Molinari, si succedono senza
soluzione di continuità. |