Variazioni per
orchestra op. 31 (1928) — Ritenute il
capolavoro orchestrale dello Schonberg "
dodecafonico. " le Variazioni segnano il
pieno maturarsi di una concezione seriale
dello spazio sonoro applicata a schemi
formali preesistenti assunti come garanzie
di coerenza formale e insieme come lusinghe
discorsive da contestare. La materia
pancromatica, racchiusa nell'alveo di forme
classiche ("Introduzione," "Tema," nove
"Variazioni" e "Finale"), organizza una rete
di rapporti, un contesto di gesti sonori,
che riflettono senza ombra di dubbio il
permanere di un'impostazione
programmaticamente espressionistica. Il vero
contenuto delle Variazioni consiste nel
duello tra piani formali già noti e
deliberata pianificazione
dell'"arbitrarietà" atonale attraverso i
meccanismi occulti dei formulari
dodecafonici, nei contrasti tra impalcature
già note, e irreali, stranianti
configurazioni melodiche e armoniche. Si
inizia con una "Introduzione" nella quale il
compositore sembra voglia farci assistere
alla formazione stessa della materia sonora,
per poi procedere all'articolazione seriale
nel "Tema." Le "Variazioni" si
caratterizzano, oltre che per la sempre
diversa condotta armonica, ritmica e
contrappuntistica, per il cangiare continuo
dei raggruppamenti strumentali, di modo che
ben più che il. razionale, continuo e
insistente ritorno su poche cellule seriali,
colpisce la penetrazione delle proprietà
della materia sonora, la lucentezza delle
soluzioni timbriche, le combinazioni
strutturali sempre nuove, l'alternarsi di
qualità formali ed emotive continuamente
variate, l'incessante concentrarsi e
frantumarsi dell'orchestra in raffinati
impasti e in spasmodiche tensioni. |