La parodia
diventa di fondamentale importanza nel
Pierrot lunaìre.
Composto nel 1912, prima di
terminare Die glùckliche Hand, questo brano
consiste di 21 poesie affidate a una voce
recitante e un gruppo da camera. Schònberg
aveva già usato la forma della recitazione
su un accompagnamento strumentale (Melodrama)
nella descrizione del vento d'estate nei
Gurrelieder e anche i cori della Glùckliche
Hand erano in parte recitati.
L'impiego
estremamente stilizzato della voce
recitante, per la quale Schònberg scrisse in
partitura altezze relative e ritmi esatti,
si rivelò particolarmente adatto per la
musica del Pierrot lunaire, concepita, come
disse egli stesso, in tono leggero, ironico
e satirico. I versi piuttosto affettati, ora
grotteschi, ora macabri o deliberatamente
sentimentali, fornirono lo spunto per
presentare, con quel distacco che il
protagonista della Glùckliche Hand non aveva
saputo raggiungere, l'agire umano come un
gioco di ombre cinesi segnato da minacce e
assurdità.
Il centro dell'attenzione passa
casualmente, come in un sogno, dalle azioni
lunatiche del clown, a scene impersonali, al
poeta in prima persona, fino all'artista
racchiuso in se stesso, che non viene
risparmiato. All'interno del suo nuovo stile Schònberg fa la parodia ai tratti
caratteristici di un gran numero di pezzi
tradizionali, conservando frequentemente
anche l'ombra del loro schema formale.
È
spesso difficile distinguere nella musica la
linea che separa il riferimento ironico da
quello diretto e il fascino particolare di
Pierrot lunaire sta proprio in questa
ambiguità. Le immagini da incubo di alcune
poesie sarebbero quasi inaccettabili senza
la distanza dell'ironia, eppure spesso la
musica evoca un autentico orrore; lo scherno
sfuma continuamente nel buon umore, il
pathos iperbolico diviene autentica
commozione.
Dieci anni più tardi Schònberg
avrebbe riscoperto un interesse per il mondo
che a quel punto voleva invece lasciarsi
alle spalle.
Ma per il momento si dedicò ad
altri progetti. |