Serenata per
sette strumenti e baritono op. 24 segnano
l'inizio e la fine di un periodo di
cambiamento radicale nell'opera di Arnold
Schoenberg.
Questa fase iniziò con l'abbandono della
tonalità tradizionale e si concluse con la
formulazione del "metodo di composizione con
dodici suoni imparentati solo tra loro".
In seguito, gli sconvolgimenti del vecchio
sistema tonale e la conquista della libertà
atonale si svolsero in maniera precipitosa
quanto produttiva, mentre la
riorganizzazione dodecafonica del materiale
musicale procedette a tastoni.
Tra questi due punti trascorsero alcuni anni
di silenzio, dovuti alla disintegrazione di
tutte le concezioni dei valori durante la
prima guerra mondiale e al successivo
inevitabile distacco dal soggettivismo
espressionistico della libera atonalità.
Il lavoro alla Serenata si estese per
qualche anno, tra il 1920 e il 1923; dal
1917 al 1919 Schoenberg aveva già stese
alcune composizioni, rimaste in forma di
frammento, nelle quali cercava di
ricostruire la struttura musicale ex novo.
"Nella composizione decido soltanto
attraverso la sensibilità per la forma",
scrisse Schoenberg nel 1911 nel suo Manuale
d'armonia. "Essa mi detta quello che devo
scrivere, qualsiasi altra cosa è esclusa.
Ogni accordo che scrivo corrisponde ad una
necessità; una necessità dettata dal mio
bisogno di espressione."
Se da queste parole traspare ancora una
certa pretesa di "genialità", più tardi
Schoenberg le ridimensionò cercando di
rendere controllabili le sue scelte
compositive.
La sua ricerca, cioè lo sviluppo dei
principi della tecnica seriale, era iniziata
già nel 1912 con la Passacaglia del Pierrot
lunaire.
Il nuovo procedimento costruttivo, del quale
Schoenberg era convinto che avrebbe
mantenuto il suo predominio per i successivi
cent'anni, era assai lontano dall'enfatica
affermazione fatta nell'agosto 1909 in una
lettera a Ferruccio Busoni:
Nel rano per clarinetto, clarinetto basso,
mandolino, chitarra, violino, viola e
violoncello: vi riecheggiano elementi di
valzer, e gli ingredienti burleschi appaiono
in contrasto col movimento Variazioni, il
primo pezzo di Schoenberg strutturato
completamente secondo la tecnica seriale; e
la cornice è costituita dalla chiara metrica
di marcia (anche se interrotta qua e là da
forze contrarie al ritmo) nella Marcia e nel
Finale.
L'opera acquista la sua impronta
caratteristica grazie a una voce maschile
bassa che viene ad aggiungersi alle voci
strumentali nel centrale Sonetto di
Petrarca. Il testo del sonetto viene cantato
su un'unica serie dodecafonica ripetuta
varie volte, ma trattandosi di versi
endecasillabi, il testo e la serie risultano
sfasati di un tono intero dopo ciascun
verso.
Diversamente
dal suo periodo atonale, Schoenberg impiega
quindi il testo non più come contenuto
"esteriore" per assegnare una forma al
brano, ma lo sottomette alla forza
ordinatrice della serie. |