Composta tra il 1884 e il 1888, la Sinfonia 
									n. 1, col sottotitolo "Titano" tratto dal 
									romantico racconto di Jean Paul, fu eseguita 
									la prima volta a Budapest il 20 novembre 
									1889, sotto la direzione dell'autore, nella 
									versione in cinque tempi (comprendente 
									l'Andante Allegretto, indicato come "Blumine" 
									nella versione per la seconda esecuzione ad 
									Amburgo, nel 1893). 
									Il delicato e nostalgico "Blumine" fu però 
									abolito in occasione dell'esecuzione di 
									Berlino del 1896 ed eseguito nel XX secolo 
									solo a partire dal 18 giugno 1967, quando fu 
									diretto da B. Britten al Festival Aldeburgh 
									di Suffolk, in Inghilterra. 
									L'introduzione lenta reca in partitura 
									l'indicazione "wie ein Naturlaut", come un 
									suono della natura. Su un pedale di la 
									tenuto per 61 battute si succedono richiami 
									multipli: il principale, più pacato, nasce 
									da un caratteristico salto discendente da 
									cui scaturiscono tutti gli inizi dei tempi 
									successivi; gli altri mimano di volta in 
									volta fanfare lontane o gorgheggi di 
									uccelli. Poi prende l'avvio il vero e 
									proprio primo tempo, che è in regolare 
									forma-sonata, e che, molto 
									schubertia-namente, ha come tema principale 
									un'intera melodia cantabile, ripresa da uno 
									dei Lieder eines fahrenden Gesellen composti 
									da Mahler negli anni immediatamente 
									precedenti.  
									"Ging heut' morgen ùbers Veld" ("Me ne 
									andavo stamane per i prati") dicono le 
									parole del Lied: le immagini agresti, i 
									richiami degli uccelli, una certa 
									svagatezza, tipica del giramondo all'inizio 
									del suo cammino in una mattina primaverile, 
									si trasferiscono direttamente nello spirito 
									di questo primo tempo, indicato da uno dei 
									titoli programmatici, apprestati dall'autore 
									per la seconda e la terza esecuzione come 
									Eterna primavera. Nonostante il sottile 
									legame tra i temi, è tutto un pullulare di 
									nuove idee cantabili, alcune con 
									caratteristiche inflessioni di danza o di 
									marcia, fra le quali memorabile è lo 
									scatenarsi gioioso delle fanfare poco prima 
									della travolgente coda conclusiva. 
									 
									Il secondo tempo è un Làndler con Trio 
									centrale e ripresa. Il ritmo ben cadenzato 
									della danza popolare viene punteggiato da 
									frequenti fanfare dei corni chiusi, con la 
									campana alzata. Nel Trio si insinua un 
									languore un poco malizioso e sentimentale. 
									Il terzo tempo è stato intitolato per la 
									seconda esecuzione Marcia funebre nello 
									stile di Callot. E un riferimento alla 
									celebre incisione con II funerale del 
									cacciatore a cui accorrono tutti gli animali 
									del bosco. Questa marcia, quindi, è 
									caricaturale, con una forte componente 
									grottesca che si mantiene in una zona di 
									ironico distacco sentimentale anche nella 
									strumentazione, affidata per larghi tratti 
									agli strumentini e alla percussione, 
									nonostante una certa morbidezza lirica della 
									sezione centrale.  
									 
									L'ultimo tempo, dopo uno scatto rabbioso che 
									Mahler indicò come un "improvviso scoppio di 
									disperazione"', si presenta come un 
									complesso di elaborazioni e di ritorni 
									soprattutto delle idee del primo movimento, 
									con ricostruzione quasi testuale anche di 
									gran parte dell'introduzione lenta. Questi 
									elementi vengono continuamente esasperati, 
									fino allo spasimo della più esplosiva 
									sonorità orchestrale, o fino al più macerato 
									languore cantabile di due intermezzi lenti. 
									Nel complesso quindi un finale che svolge la 
									duplice funzione di esprimere un'eroica 
									volontà di ripensamento unitario delle 
									sparse esperienze musicali dei tempi 
									precedenti, e, nello stesso momento, di 
									gettare un'ombra tragica su ciò che era 
									sembrato naturale, ironico, popolare. |