A primo acchito
sembrava un'operazione vicina a quella del
Pulcinella. Tuttavia diverse erano le
condizioni di partenza: Stravinskij
conosceva molto bene Cajkovski, a differenza
di quanto era successo per Pergolesi, che
aveva dovuto studiare in fretta e comunque
molto approfonditamente. Ad esempio, gli era
già molto familiare il balletto cajkovskiano
La Bella Addormentata, che nel 1921 aveva
orchestrato in due numeri.
Così, quando iniziò a mettere insieme le
musiche raccolte, si accorse di essersi
ormai pienamente calato nel clima stilistico
del suo predecessore da considerarlo «presque
contemporain»; era infatti ormai in grado di
comporre autonomamente larghi tratti di
musica senza sconfessare il suo illustre
maestro.
All'atto pratico, il processo di
omogeneizzazione e osmosi tra i due
linguaggi è così pronunciato che spesso
troviamo uno Stravinskij pienamente «romantizzato».
Sono frequenti i richiami a tòpoi e
situazioni-tipo squisitamente
ottocenteschi. Ad esempio l'uso dei
crescendo e dei diminuendo. Così vediamo
come il Pas de deux costituisca un ricco
arco di slanci e di spinte dinamico-emotive
alternate a momenti di respiro; oppure come
la Scène passi con straordinaria gradualità
dal mesto tema iniziale a un trepidante
tremolo sul tema del clarinetto, sino alla
partecipata risposta degli archi e al
commuovente risveglio dell'orchestra; salvo
poi estinguersi nel malinconico finale.
Stravinskij gioca anche sui temi,
riproponendoli sopra ostinati continuamente
cangianti. O ancora ne propone variazioni
più o meno accentuate, sino allo
stravolgimento dell'originario profilo
melodico. Più spesso ancora si avvicina a
modi stilistici non unicamente romantici ma
propriamente cajkovskiani, come quando
ricorre al classico controtema
cromatico-scalare che contrappunta il motivo
principale, al fine di un incremento di
tensione.
In altri casi l'imitazione è ulteriormente
più puntuale, poiché riproduce, in occasioni
sceniche simili, situazioni già a suo tempo
dipinte orchestralmente da Cajkovskij. Il
modello più riprodotto è naturalmente La
Bella Addormentata.
In questa selva di citazioni e di modelli «à
la maniere de», il compositore però non
rinnega del tutto i suoi tratti. Il melos è
sicuramente cajkovskiano, autentico o
imitato che sia, ma gli impasti armonici, lo
scheletro ritmico, le prospettive timbriche
recano la firma tagliente di Igor
Stravinskij. Come variopinte tessere di un
mosaico, i singoli episodi s'incastonano
l'uno dopo l'altro seguendo la trama voluta
dal compositore. E la musica tratteggia
fedelmente lo scorrere degli eventi.
Nel primo quadro, vediamo l'immagine di una
madre che culla amorevolmente il proprio
bambino. Ma è inseguita dagli spiriti, e la
scena progressivamente si incupisce sino a
precipitare con i suoi impotenti personaggi
dentro il vortice di una terribile tempesta.
Quando «si manifestano gli spiriti della
fata», echi e sinistre risonanze piombano
sulla scena. L'orchestra si anima, via via
minacciosa, mentre «gli spiriti inseguono la
donna».
Nel secondo quadro, si racconta di come
diciotto anni dopo il bambino, divenuto
ormai giovane, balli con la fidanzata alla
festa del villaggio. Ma alla fine delle
danze rimanga solo e venga avvicinato dalla
fata nelle sembianze di una zingara
desiderosa di predirgli il futuro. La
sinuosa danza della gitana conquista pian
piano il giovane, che ne è irretito.
Ammaliato e perso, la segue infine sino al
mulino. Vivide emozioni scorrono e
travolgono i personaggi della fiaba, ignare
vittime di un imperscrutabile destino.
Compare la fata, travestita da gitana. Poi
inizia una danza sinuosa e invitante, la
zingara che nei flessuosi movimenti corrompe
il giovane, privandolo di ogni certezza e
trascinandolo in un giogo amoroso senza
scampo.
Al mulino il giovane ritrova la fidanzata
con le sue amiche. Gli amanti danzano
insieme, poi la giovane si allontana per
vestirsi da sposa. Ma la fata, camuffatasi a
sua volta in abito da nozze, lo porta via,
conducendolo verso la sua eterna dimora. |