Les noces (Svadebka),
scene coreografiche russe con canto e
musica
Les noces (Le nozze) furono composte tra
il 1914 e il 1917 ma solo dopo diversi
tentativi, sei anni dopo, trovarono la
veste definitiva con la strumentazione
del 1922-23 per quattro pianoforti e
percussione. In precedenza Stravinskij
aveva scritto una versione quasi
completa con orchestra, poi abbandonata,
e nel 1919 aveva pensato a una pianola,
due cimbalon, armonium e percussione, e
aveva portato a termine la stesura di
due scene con questi mezzi, che creavano
però enormi problemi per l'esecuzione e
furono quindi definitivamente
soppiantati dalla strumentazione oggi
nota.
Il testo è per la maggior parte tratto
dalla raccolta di poesie popolari russe
di Kirevskij, che Stravinskij
considerava una delle due grandi riserve
della lingua e dello spirito russi
(l'altra erano le fiabe raccolte da
Afanas'ev, dalle quali furono tratti
Renard e l'Histoire du soldati.
Il testo non ha un andamento narrativo,
somiglia piuttosto a una successione di
frammenti di conversazione o di luoghi
comuni rituali di una festa di nozze.
Nella prima scena la sposa viene
preparata al rito nuziale.
Nella seconda, in casa dello sposo,
questi prende congedo dai genitori e ne
riceve la benedizione.
Nella terza si assiste alla partenza
della sposa e al lamento delle due
madri.
Infine l'ultima scena, la più ampia,
presenta il banchetto nuziale, con
frammenti di conversazione e canzoni,
finché gli sposi vengono condotti fino
al letto e lasciati soli.
Les noces sono una "cantata
coreografica" dove il canto è dissociato
dall'azione scenica danzata (alla prima
rappresentazione a Parigi, il 13 giugno
1923, la coreografia fu quella, celebre,
di Bronislava Nijinska con la compagnia
dei Ballets Russes; dirigeva Ansermet).
Le voci dei solisti non si identificano
con personaggi e sono collocate in
orchestra insieme al coro: nelle parti
vocali prevalgono brevi temi di sapore
popolare (o liturgico), riconducibili a
una cellula fondamentale unitaria e
continuamente ripetuti.
Si tratta di un folclore di invenzione:
solo nella quarta scena c'è la citazione
di una canzone popolare, ricollegabile
anch'essa alla cellula da cui deriva
(con diverse permutazioni e varianti)
gran parte del materiale melodico delle
Noces.
Dalle continue ripetizioni, dal
carattere frammentario e a mosaico di
questo materiale e dalla concezione
formale deriva l'impressione di un
linguaggio primitivo, destinato ad
evocare un mondo arcaico, una sfera
paesana rivissuta nello spirito di un
rituale fuori dalla storia. La
straordinaria varietà dell'invenzione
ritmica, la festosa brillantezza di
molte pagine, è la maschera di un rito
evocato in una prospettiva
deterministica, sentito come l'incombere
di un evento fatale e misterioso, di
fronte al quale non si sa se provare
gioia o dolore, e resta comunque un
senso di sbigottito stupore.
Conferma questa prospettiva la trama di
percussiva asprezza nella quale gli
strumenti serrano le voci, non suonando
mai da soli fino alle ultime battute.
Già nella strumentazione del 1919
Stravinskij aveva rinunciato alla
tavolozza "fauve", alla varietà timbrica
dei grandi balletti precedenti: la
percussiva e rigida monocromia del suono
pianistico (adottato nei primi anni del
"neoclassicismo") accentua il senso di
una evocazione stilizzata, estraniata. |