Integrales
(1926) — È uno dei pezzi più complessi di
Varese, e forse quello ove la poetica del
musicista, intenzionalmente rivolta agli
oggetti musicali svincolati dalla
tradizionale dialettica, si evidenzia con
maggior lucidità. Scritto per 2 flauti, 2
clarinetti, 2 trombe, 3 tromboni, oboe,
corno inglese e una nutrita percussione,
Integrales somma le esperienze di lonisation
sul piano ritmico e materico, e di Octandre
per quanto concerne la disposizione
eminentemente spazialistica dei frammenti
melodici e la caratterizzazione timbrica
degli strumenti a fiato. Gli incipit
melodici ricorrenti, non costituiscono
affatto una intelaiatura discorsiva, ma
rappresentano uno dei modi di strutturare il
materiale: ossia, la melodia rinuncia alle
tradizionali funzioni di guida ed è ormai
soltanto un evento possibile, non più dello
stridore di un accordo dissonante nel
registro acuto, dello sfogo materico, e di
qualsivoglia associazione di materiali
acustici sempre nuovi. Non già,
espressionisticamente, il mondo sonoro del
passato viene aggredito dal suo negativo,
non sopravvengono oggetti estranei a
contestare un'intelaiatura memore di un
"prima" di cui tener conto: più
semplicemente, le strutture tradizionali
vengono del tutto abrogate, ignorate. Cosi
la citazione del Bolero di Ravel in
Integrales può risuonare tranquillamente,
senza per questo dar luogo a nessun
recupero, ridotto a detrito, scheggia di
qualcosa di cui s'è persa cognizione,
relitto navigante su acque ormai
completamente estranee. La giustapposizione
delle sezioni e la sfaccettatura strutturale
è assoluta, ogni convenzione cade, i nuclei
melodici (sigle svuotate di velleità
proiettive) solcano gli agglomerati materici
ma non si contrappongono ad essi. La
dialettica convenzionale è sostituita da
un'invenzione che si esercita fin dal
materiale, dalla lingua, e che dunque può
disporre senza inibizione alcuna dei reperti
motivici convenzionali: a tale proposito
vale la pena di sottolineare, come già per
Octandre, l'orientalismo di talune linee
sonore, lo stridore e l'asprezza che si
levano dall'intreccio polifonico sottratto a
qualsiasi idea "contrappuntistica" in senso
tradizionale. |