| Quartetto per 
									violino, clarinetto, sassofono tenore e 
									pianoforte, op. 22 (1930) Come per il Trio per archi, op. 20, Webern 
									aveva originariamente progettato un terzo 
									movimento per questo quartetto (dedicato 
									all'architetto Adolph Loos, a celebrazione 
									del suo 60° compleanno) ma ne rifiutò l'idea 
									rendendosi conto che il lavoro era già 
									completo come struttura in due movimenti.
 
 Nel delicato primo movimento, il trio di 
									strumenti singoli è contrapposto al "duo" 
									formato dalle mani del pianista. I tre 
									caratteri del movimento vengono affermati 
									nelle battute di apertura. Una figura di due 
									note "avanzante con fatica" (breve/lungo, 
									più tardi riverso), unita da un silenzio ad 
									una terza nota isolata; fraseggi di due o 
									tre note uguali che si sovrappongono e, come 
									cardine ricorrente, due staccato in fa 
									diesis (le terze minori salenti/discendenti 
									della figura zoppicante appartengono 
									esclusivamente al trio strumentale, mentre 
									gli altri motivi vengono divisi dal trio e 
									dal "duo" della tastieta). Questi tre 
									segmenti si combinano poi per completare la 
									prima parte con una frase estesa al 
									sassofono. Dopo la ripetizione della prima 
									parte, lo "sviluppo" si apre con una 
									versione aumentata della figura zoppicante, 
									salendo ad un culmine in fortissimo mentre i 
									disegni di due e tre note si sovrappongono 
									in stretta successione. Le battute 
									introduttive ticorrono (a ritroso), seguite 
									da un'inversione della frase del sassofono, 
									questa volta condivisa dal violino e dal 
									clarinetto; l'insieme della seconda parte 
									(sviluppo e ricapitolazione) viene poi 
									ripetuto a turno, prima che la coda 
									nuovamente si muova a ritroso attraverso le 
									battute di apertura.
 
 Il secondo movimento è un rondò con 
									variazioni, in cui elementi di una parte si 
									espandono continuamente alla successiva: 
									questo è il movimento composto in modo più 
									libero rispetto a tutti i brani successivi 
									di Webern, infatti, non ristretto dalla 
									richiesta di precise procedure cromatiche, 
									le sue imitazioni del motivo vengono gettate 
									da uno strumento all'altro e suonano quasi 
									come se agli esecutori fosse stato chiesto 
									di improvvisare sulla materia data. 
									L'apertura stabilizza i motivi futiosamente 
									frammentati che caratterizzano le sezioni 
									esterne del movimento: attacchi in staccato, 
									grace notes (che talvolta divengono accordi 
									di due note sul pianoforte), cambiamenti 
									improvvisi della dinamica, entrate sincopate 
									ed ampi intervalli melodici. La seconda 
									sezione, annunciata da una figura martellata 
									sul pianoforte, si concentra sullo sviluppo 
									di un elemento più legato, preparando così 
									la via ad un episodio centrale più 
									tranquillo ed essenzialmente melodico. Il 
									ritorno al carattere iniziale è effettuato 
									attraverso l'introduzione di terzine, che 
									rienfatizzano malignamente i ritmi sincopati 
									e gli attacchi trafiggenti dell' apertura.
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