MUSICA CLASSICA E ARTE  2008

1895

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R.Strauss - Così parlò Zarathustra
Il poema sinfonico per grande orchestra Also sprach Zarathustra, scritto da Richard Strauss nel 1896, mostra una sorta di duplice articolazione: la prima è quella di tipo poetico-letterario, scandita dal succedersi delle diverse sezioni del testo di Nietzsche cui la partitura fa esplicito riferimento; l'altra è un'articolazione di tipo musicale, creata dal susseguirsi di "episodi" differenti e di "sviluppi" da essi derivati, secondo una logica prettamente musicale. Ma le due articolazioni non coincidono, si sovrappongono l'una all'altra, e solo occasionalmente mostrano dei punti di contatto.
Il brano inizia con l'esposizione del famoso tema-motto, eseguito dalle trombe che emergono al di sopra di un fremito quasi inudibile nel grave affidato a contrabbassi, organo, grancassa e controfagotto. L'immagine musicale è quella dell'aurora, del sorgere della luce dalle tenebre, con i significati sia letterari che simbolici che "l'aurora" possiede nel Preludio del testo di Nietzsche. Ma il tema-motto è esso stesso carico di simboli: le prime tre note (do - sol - do) disegnano un puro ascendere, al di fuori di qualsiasi riferimento, ai meccanismi di attrazione tonale e alle caratteristiche espressive del modo maggiore o minore; mentre le due note successive (mi - mi bemolle, fatte esplodere da tutta l'orche-sta), con la loro contrapposizione istantanea maggiore/minore, luce/buio, aurora/tramonto, danno al tema un alone di ambiguità e di incertezza che permane anche quando la seconda volta il tema viene riproposto con le ultime due note in ordine invertito (do - sol - do - mi bemolle - mi).

Al punto inizia la nuova sezione ".Degli uomini di un mondo ultraterreno", ma dal punto di vista musicale siamo ancora nel  Preludio introduttivo: ascoltiamo ai fagotti una sorta di modificazione del tema-motto, nella quale l'ascesa nell'ambito dell'ottava non viene percorsa attraverso la quinta vuota, ma con il normale arpeggio dell'accordo tonale; e troviamo quindi i corni che espongono la citazione di un Credo gregoriano [2.2]. L'ambito religioso non poteva essere più chiaro, e il primo episodio della struttura musicale [2.3], che ha inizio subito dopo, ci propone infatti un teso e religiosissimo corale, affidato alla sonorità degli archi e dell'organo. È da notare, per carità simbolica che comporta, il fatto che la citazione liturgica Credo è affidata ai corni prima del corale, e non all'organo presente nel corale stesso: la religiosità di questo passaggio non è quella cattolica bensì quella di Zarathustra.

La nuova sezione, "Del gran desiderio" coincide con il primo sviluppo dell'articolazione musicale: vi ritroviamo infatti quell'arpeggio ascendente conosciuto all'inizio, e udiamo trasformarsi in una  serie di veri e propri slanci sempre più travolgenti; ma vi troviamo anche una parentesi lenta [3.2] nella quale si intrecciano la quinta vuota del tema-motto (do - sol - do), una nuova citazione liturgica tratta dal Magnificat (e affidata questa volta all'organo) e il Credo dei corni che già conosciamo.

Poi incontriamo la nuova sezione, "Dei piaceri e delle passioni", che viene a coincidere con nuovo episodio musicale: si tratta in effetti ancora degli slanci incontrati in precedenza, ma qui essi si compongono in una forma tematicamente riconoscibile e plasticamente articolata, e sono dunque trattati musicalmente come un vero e proprio tema". A [4.2], nel momento culminante dell'elaborazione di questo epsodio, entrano marcatissimi i tromboni con una nuova modificazione plastica del tema principale, si tratta di una modificazione che avrà nel seguito una vera e propria vita autonoma e che è stata definita dai commentatori il tema dell'ùber druss o del taedium vitae.
"Il canto funebre è realizzato dal punto di vista musicale come uno sviluppo dell'episodio: trascorsi i clamori e il turbine passionale della sezione precedente, sono ora in primo piano la nostalgia e il ricordo, come sappiamo proprio dalle parole di Nietzsche, ma è ancora il tema di a essere protagonista assoluto dal punto di vista musicale.

Con la sezione seguente, "Della scienza", ci allontaniamo dalla possibilità di ritrovare parallelismi piuttosto stretti tra  evoluzione musicale e significati letterari, parallelismi che fino a questo punto ci avevano accompagnato disegnando un ritmo quasi narrativo della composizione. Da questo punto in avanti, invece, l'elaborazione musicale procederà abbastanza liberamente per la propria strada, le sezioni assumeranno dimensioni più ampie, e i riferimenti incrociati tra suggestioni letterarie e sviluppi musicali appariranno meno puntuali e circostanziati.

La "raffigurazione" musicale della scienza è affidata a questo punto a una grande fuga, e cioè alla forma più alta del magistero  compositivo della tradizione occidentale. Ma ci accorgiamo subito che il soggetto di questa fuga è ancora una volta derivato dal tema-motto del Superuomo: inizia infatti proprio con il do-sol-do, riflette poi a specchio questo inciso, mutandone la direzione e deformandolo, e procede in questo modo sino alla fine, arrivando a disegnare uno straordinario nucleo tematico che non a torto è stato definito dodecafonico, dato che tocca tutti e dodici i suoni della scala cromatica nell'arco delle quattordici note di cui è formato.
La fuga emerge gradatamente dalle oscure profondità degli archi più gravi, riproducendo in tutt'altro contesto quell'effetto "aurorale" dell'inizio, che è in ultima analisi un richiamo più o meno esplicito all'apertura del wagneriano Oro del Reno.

Ma poi si espande in uno sviluppo [6.2] che abbandona il contrappunto serrato per tornare a una movimentatezza di tipo più vitalistico. Ancora ritorna il contrappunto [6.3] però questa volta, anche se non con il rigore e la densità della fuga, per porre a contrasto i due temi fondamentali di tutto il lavoro: il do-sol-do del Superuomo e quel tema del taedium vitae che avevamo conosciuto a [4.2].

Ed è proprio quest'ultimo tema a prendere il sopravvento, e a divenire protagonista all'inizio della successiva sezione, "Il convalescente". Dal punto di vista musicale, però, siamo ancora nell'ambito dello sviluppo che aveva avuto inizio a [6.2], e a ricordarcelo è proprio il soggetto della fuga, eseguito marcato dai bassi degli archi e dal trombone al di sotto del tema del taedium vitae.

E sarà soprattutto il soggetto di fuga a guidare il grandioso crescendo di tutta l'orchestra, che sfocerà nel primo grande culmine espressivo di tutto il poema sinfonico, segnato dalla giustapposizione netta dei due temi (taedium vitae e Superuomo) e da una grande pausa di tutta l'orchestra [7.2]. Inizia proprio a questo punto [7.3] un nuovo sviluppo, basato soprattutto sul tema di [4.2], e che ben presto [7.4] si configura come una lunga pagina di preparazione all'ingresso della sezione successiva,

"Il canto della danza". Dal punto di vista musicale il valzer di questo "Canto della danza", affidato alle allucinate evoluzioni di un violino solista, rappresenta l'ultimo episodio della composizione, e si sviluppa con un'ampiezza che non ha confronto con la veloce e serrata articolazione formale dell'inizio del poema sinfonico. Ma i collegamenti tematici (e dunque anche simbolici) con quanto precede non sono certo interrotti: il tema del valzer emerge da un tappeto di accompagnamento che altro non è se non il tema-motto del Superuomo; e le sue evoluzioni lo portano addirittura a un momento culminante [8.2] in cui l'orchestra all'unisono si ritrova a intonare il tema del taedium vitae, trasfigurato e quasi irriconoscibile a causa della velocità molto rallentata e dell'afflato lirico di cui viene caricato. Inizia quindi [8.3] un ultimo sviluppo musicale, anch'esso di ampie dimensioni, nel quale ritroviamo il violino solista del valzer e il solito tema del taedium vitae: uno sviluppo che giunge a un possente momento culminante, quando le trombe irrompono riproponendo il do-sol-do del Superuomo.

La sezione seguente, "Il canto del nottambulo", fa ancora parte di quest'ultimo sviluppo, e si conclude con la Coda finale [9.2] dell'intero poema sinfonico: è lo spegnersi, il tramonto, la conclusione simmetrica rispetto all'aurora dell'inizio; ma con in più l'insanabile sovrapposizione politonale tra il si maggiore del taedium vitae e il do maggiore del Superuomo.

 

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