Tutte le volte che il tema di Lulu e del
dottor Schòn riappare, drammatizza un
nuovo stadio nel crollo delle fortune
dei due personaggi. Al termine dell'Atto
I, quando Schòn, che ha assistito alla
fine del pittore, si rende conto che la
prossima volta toccherà a lui, giunge il
grido: "Adesso viene il supplizio! " A
quel punto, la grandiosità sognante del
tema è ormai svanita; il caratteristico
intervallo ascendente diSchòn è minato
dall'improvvisa stasi nell'armonia che
lo sorregge. Il tema si sente di nuovo
dopo la morte di Schòn, quando Lulu
ripete che è stato l'unico uomo che
abbia mai amato. Al di sotto della frase
sentimentale c'è un sottinteso
inquietante: Lulu non ha soltanto ucciso
Schòn, ma l'ha assorbito in sé. Berg
fornisce una metafora musicale per
questo processo di spersonalizzazione:
negli ultimi istanti della vita di Schòn
le due serie degli amanti vengono
eseguite nuovamente in tandem, questa
volta disposte in modo che appaia
chiaramente che le note dell'una
derivano dal ciclico ripetersi
dell'altra. Mentre Schòn ansima, "Oh
dio, Oh dio", la serie di Lulu risuona
ancora una volta da sola. L'uomo ha
perso la propria identità.
L'agghiacciante fine di Schòn non è
nulla a paragone dell'atmosfera da
brivido che si crea con l'entrata in
scena di Jack lo Squartatore. La cosa
più inquietante della scena è che,
rispettando la struttura ripetitiva
dell'opera, l'orchestra suona il tema di
Lulu e Schòn mentre Lulu e Jack
bisticciano per il prezzo della cena.
Cosa significa il fatto che una musica
così romantica risuoni come colonna
sonora di un atto di prostituzione
checonduce a un delitto? Forse Berg
vuole suggerire, con un certo ottimismo,
che la sensibilità e l'ardore
sopravvivono anche nella degenerazione
assoluta
(Alex Ross – Il resto
è rumore. Ascoltando il XX secolo) |