Lo stesso Schoenberg apprezzò il suo
lavoro: "C'è un grand'Uomo che vive in
questo Paese - un compositore. Ha
risolto il problema di come conservare
l'autostima e continuare a imparare
[sic]. Risponde all'indifferenza con il
disprezzo. Non è costretto ad accettare
la lode o il biasimo. Il suo nome è
Ives." In seguito, la leggenda di Ives
l'innovatore fu sottoposta a un vaglio
critico. Maynard Solomon scrisse che
Ives aveva retrodatato le sue partiture
nel tentativo di dimostrare la sua
precedenza nella corsa verso
l'atonalità. Gayle Sherwood replicò
dimostrando che il compositore aveva
sperimentato con armonie inconsuete fin
dal 1898. Qualunque sia l'esito di
questo dibattito, resta il fatto che
l'originalità di Ives non risiede
nell'eccentricità dei suoi accordi, ma
nella capacità di combinare disparati
elementi tipicamente americani. Come
Berg e Bartók, seppe oscillare tra la
semplicità folk e la dissonanza. "Non
riesco a capire perché la tonalità in
quanto tale dovrebbe venir abbandonata,"
scrisse una volta Ives. "Non riesco a
capire neppure perché dovrebbe sempre
essere presente." Nei primi lavori
sperimentali come From the Steeples and
the Mountains e The Unanswered Question,
Ives creò riproduzioni iperrealistiche
di eventi sonori quotidiani. Nel primo
brano, i rintocchi delle campane di
diversi campanili di paese echeggiano
sulle montagne. Nel secondo, momenti di
attività nervosa, dissonante, sono posti
sullo sfondo di un sereno, dolce
crescendo d'archi, evocando il lamento
di voci umane abbandonate nell'immensità
della natura.
(Alex Ross – Il resto
è rumore. Ascoltando il XX secolo) |