Anche Poulenc era gay, e tenne una
specie di festa di uscita allo scoperto
nel suo balletto prodotto da Diaghilev,
Les Biches. Non è difficile leggere
tra le righe della sua descrizione del
canovaccio: una "moderna fétes galantes
in un ampio salotto di campagna con un
enorme divano blu Laurencin come unico
mobile. Venti donne affascinanti e
civettuole se la spassavano con tre
giovani aitanti e attraenti vestiti
dacanottieri." La coreografia originale
di Bronislava Nijinska, come la descrive
Lynn Garafola, rendeva abbastanza
esplicita l'allusione piuttosto: i
giovani aitanti passavano più tempo a
scambiarsi sguardi che a occhieggiare le
donne, e la padrona di casa tentava di
riaffermare la propria bellezza
facendosi passare per un ragazzo.
Doveva esserci una minacciosa
discrepanza tra le danze del narcisismo
moderno della Nijinska e i pezzi di
genere di Poulenc, in stile
bellicosamente arcaico. Fin dall'inizio,
la musica si scolla dall'azione sulla
scena: prima arrivano due segnali
stravinskiani, con frastagliate
acciaccature come un'esitazione nella
voce; poi una luminosa terza maggiore ai
clarinetti e ai fagotti; e infine il
tema principale che fa la ruota. Poulenc
avrebbe poi scritto partiture più
importanti (lo attendeva la carriera più
feconda e sorprendente di qualunque
altro membro del gruppo dei Les Six) ma
Les Biches conserva la sua impudica
freschezza anche dopo tutti questi anni.
(Alex Ross – Il resto
è rumore. Ascoltando il XX secolo) |