I membri del gruppo Les Six
scrivevano "MUSICA DI TUTTI I GIORNI"
che la gente comune aveva scarse
possibilità di ascoltare. La prima
grande moda fu le jazz. Parigi si era
invaghita della musica afroamericana già
nel 1900, quando la banda di Sousa aveva
suonato il cake-walk durante la sua
prima tournée europea e Arthur Pryor
aveva sfoggiato i suoi glissati di
trombone. Debussy rispose con il
"Cake-walk di Golliwogg", dalla suite Le
Coin des enfants (1906-1908), in cui il
ritmo ragtime si intrecciava a
un'ironica citazione del motivo iniziale
di Tristan und Isolde. Nel 1917 e 1918,
a Parigi arrivarono truppe americane,
portando con sé gruppi che suonavano
musica sincopata come i Jazz Kings di
Louis Mitchell e i 369th Infantry Hell
Fighters di James Reese Europe.
Nell'agosto del 1918 il conte di
Beaumont tenne una serata jazz nella sua
residenza cittadina; i musicisti-soldati
afroamericani suonarono gli ultimi
successi della musica da ballo mentre
Poulenc presentò Rapsodie negre,
incantevolmente sbarazzina e piena di
astruse litanie pseudo-africane sul tipo
di "Banana lou ito kous kous / pota la
ma Honoloulou". Non c'è bisogno di
insistere sul fatto che le jazz trattava
le sue fonti afroamericane con
condiscendenza. Cocteau e Poulenc si
divertirono a passare una serata con una
forma dalla pelle scura, ma non avevano
nessuna intenzione di proseguire il
dialogo il giorno dopo. I pastiche
barocchi, le geometrie cubiste o la
musica delle macchine potevano esprimere
altrettanto efficacemente i valori
moderni, urbani, non teutonici, ed è per
questo che tale moda fece presto il
proprio corso, almeno tra i compositori
parigini. Appresero tuttavia importanti
lezioni dal jazz, anche se la loro
musica non aveva che vaghe somiglianze
con l'originale.
(Alex Ross – Il resto
è rumore. Ascoltando il XX secolo) |