Manuel de Falla ravvisò nelle opere
spagnoleggianti di Ravel una "fine
autenticità", espressione che
rappresenta un'ottima descrizione
generale dell'intera musica del
compositore. Il padre di Ravel era un
ingegnere svizzero che diede un
contributo misconosciuto all'invenzione
dell'automobile; il prototipo di Ravel
di una vettura a gas andò distrutto nel
corso di un bombardamento tedesco di
Parigi durante la guerra
franco-prussiana. In un certo senso, la
musica di Ravel fu un compromesso tra i
mondi dei genitori: i ricordi della
madre di un passato popolare e i sogni
di un futuro meccanizzato del padre. In
una serie di lavori per pianoforte del
primo decennio del secolo, Ravel operò
una specie di rivoluzione vellutata,
rinnovando il linguaggio musicale senza
disturbare la quiete pubblica. In Jeux
d'eau, melodia e accompagnamento si
smaterializzano in linee spumeggianti e
fluide che imitano il movimento
dell'acqua in una fontana. In "La Vallèe
des cloches", dal ciclo Miroirs, viene
utilizzata una nuova notazione per
accentuare l'impressione di rintocchi di
campane che risuonano nello spazio: la
musica è distribuita su tre righi invece
che su due, ciascuno con un tempo
indipendente. In "Le Gibet", da Gaspara
de la nuit, figurazioni spettrali si
sollevano e ricadono intorno ai continui
rintocchi del Si bemolle, una struttura
che costituiva di per sé un nuovo genere
di narrazione musicale, basata su
ripetizioni proto-minimali. Falla, nei
suoi scritti sul flamenco, sottolinea
che le melodie del "canto profondo"
ruotano spesso intorno a una nota
ripetuta ossessivamente, e pezzi come
"Le Gibet" alludono forse alla grande
danza andalusa, sebbene la figura di una
nota sola potrebbe anche derivare dal
canto gregoriano.
(Alex Ross – Il resto
è rumore. Ascoltando il XX secolo) |