Dal 1912 al 1915 aveva lavorato
faticosamente a una sinfonia corale, che
avrebbe dovuto descrivere la lotta
dell'uomo moderno per trovare una
forma realistica di fede. Una sezione
era intitolata "Il Dio borghese non
basta". La sinfonia non superò mai la
fase di abbozzo, ma alcune delle idee in
essa contenute passarono a un altro
progetto, l'oratorio La scala di
Giacobbe. Anche questo lavoro non
sarebbe mai stato portato a compimento,
ma Schoenberg realizzò un notevole
inizio. Nell'esordio, l'arcangelo
Gabriele istruisce gli sventurati
abitanti della modernità: "A destra o a
sinistra, avanti o indietro, salendo o
scendendo - bisogna andare avanti, senza
domandare cosa vi sia dinanzi o dietro."
Questo discorso titanico è sostenuto da
un preludio altrettanto titanico nel
quale un ostinato di sei note macina
sotto una sequenza ascendente, che
ricorda una scala, di altre sei note,
per un totale di dodici. Dodici sono
i semitoni che su un pianoforte separano
un Do centrale dal Do più acuto o grave.
Dodici note consecutive formano quella
che viene chiamata scala cromatica
perché suggerisce tutti i colori di uno
spettro. Nel corso del XX secolo, i
compositori hanno fatto un uso sempre
più libero della gamma completa delle
note cromatiche, affidandosi a essa per
creare un'atmosfera turbolenta e persino
diabolica. La Sinfonia di Faust di Liszt
comincia con una serie di dodici note
che non si ripetono, emblema
dell'infaticabile ricerca della
conoscenza di Faust. Così parlò
Zarathustra di Strauss impiega un tema
di dodici note per burlarsi del lavorio
della mente scientifica. Salome ed
Elektra contengono vari episodi di
saturazione cromatica Allo stesso modo,
le prime opere atonali di Schoenberg e
dei suo allievi tendono ad attraversare
di poche battute lo spettro delle dodici
note. La scrittura dodecafonica si
limitò a ufficializzare la tendenza a
"scorrere l'intera gamma delle
possibilità". Una particolare
disposizione delle dodici note è detta
serie. L'idea è di non considerare la
serie un vero e proprio tema, ma di
usarlo come una specie di provvista di
note, o, più precisamente, di rapporti
tra note, ossia intervalli. Schoenberg
aggiunse alcuni concetti dell'antica
arte del contrappunto per massimizzare
le possibilità tematiche. Il compositore
può ordinare la serie per moto
retrogrado procedendo al contrario
dall'ultima nota). O può usare una
inversione (rovesciando la direzione
degli intervalli). Ad esempio, se
l'originale comincia salendo di tre
semitoni per poi scendere di due, la
serie retrograda finirà con la stessa
sequenza al contrario, mentre quella
inversa comincerà scendendo di tre
semitoni e salendo di due. Il retrogrado
dell'inversione procederà al contrario e
rovesciato. Il compositore può inoltre
trasporre la serie spostandola in alto o
in basso lungo la scala. Nel complesso,
la scala cromatica racchiude un immenso
numero di permutazioni possibili: per
essere esatti, 479.001.600, ossia il
fattoriale di dodici. La grande scoperta
rese felice Schoenberg. All'inizio e
alla metà degli anni venti compose con
una scioltezza che non provava dal 1909.
Apparvero in rapida successione una
serie di Cinque pezzi e una Suite per
pianoforte, una Serenata, un Quintetto
per fiati, una Suite per sette strumenti
e una serie di Variazioni per orchestra.
Le prime opere dodecafoniche di
Schoenberg sono rivestite quasi sempre
da una forma tradizionale, di solito del
periodo barocco o classico. Le regole
formali vengono rispettate, i ritmi di
danza riprodotti, le idee esposte
chiaramente e sviluppate con rigore.
Schoenberg aveva abbandonato quasi
completamente la mentalità mistica del
primo periodo atonale, quando voleva
dissolvere la forma e lanciarsi
nell'ignoto. Lungo il cammino, accade
qualcosa di curioso: gli elementi tonali
che Schoenberg aveva in precedenza
ripudiato ricominciano di quando in
quando a saltar fuori. Si può trovare
persino quella cosmopolita sradicata, la
settima diminuita: le Variazioni
cominciano con una di esse. Il
compositore svizzero Frank Martin fece
notare in seguito che il concetto di
dodecafonia non esclude l'uso di
materiali tonali; anzi, è necessario
manipolare il metodo per evitare di
crearne. Non sempre Schoenberg fece tali
correzioni: la rivoluzionaria sequenza
di dodici note della Scala di Giacobbe
culmina in una triade di Do diesis
maggiore ai corni, seguita da un accenno
di Sol: armonie che conseguono
logicamente dagli intervalli contenuti
nella figurazione a spirale d'apertura.
(Alex Ross – Il resto
è rumore. Ascoltando il XX secolo) |