In un manoscritto datato 1922, qualche
mese prima della solenne presentazione
della dodecafonia a Mòdling, Webern
trattò delle serie per moto retrogrado e
inversione.49 In seguito Schoenberg si
lamentò del fatto che il suo ex allievo
avesse "usato dodici note in alcune
delle sue composizioni - senza dirmelo.
La musica dodecafonica di Webern
forma un tutt'uno con la sua produzione
atonale, con la sua architettura scarna
e i tratti da haiku. Nel 1927 portò a
termine il primo ampio brano strumentale
con il nuovo metodo, se intendiamo
"ampio" in senso relativo; il Trio per
archi, il risultato di nove mesi di
lavoro, dura nove minuti. Il secondo e
ultimo movimento contiene l'antiquato
segno di ripetizione, con un'apparente
strizzata d'occhio agli stilemi
neoclassici; tuttavia i gesti sono così
evanescenti che l'ascoltatore potrebbe
faticare ad accorgersi di quando
comincia la ripetizione.
(Alex Ross – Il resto
è rumore. Ascoltando il XX secolo) |