MUSICA CLASSICA MP3

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Ma il vero colpo di scena fu il suo ritorno alla tradizione francese, in particolare al linguaggio luminoso di Debussy e di Ravel. Il suo un seducente e minaccioso adattamento per soprano ed ensemble di poesie di René Char. La voce appare solo in quattro dei nove movimenti del ciclo; tesa intorno a essa c'è una scintillante ragnatela di flauto alto, viola, chitarra, strumenti idiofoni, bongo, maracas, cla-ves e altre percussioni. In questa esotica strumentazione sono presenti accenni alla musica balinese, africana e giapponese, ma niente di volgare come una melodia o un ritmo costante. Questo è un orientalismo ultramoderno che sfrutta la musica etnica con la massima raffinatezza. Un favoloso frammento di teatro strumentale ravviva le pagine conclusive della partitura: mentre il flauto traccia linee liquide, venate di una lieve disperazione, nel registro alto, un trio di tamtam e gong esegue una rombante figurazione discendente. L'insieme sortisce l'impressione di porte che si aprono sul vuoto - un'immacolata apocalisse bouleziana.
Le Marteau resta una composizione integralmente seriale, e il titolo suggerisce l'idea di un sistema che opera in base alla propria legge. Tuttavia Boulez stava rivendicando il controllo sul proprio materiale, ciò che definì "indisciplina - una libertà di scegliere, di decidere, di rifiutare". Anni dopo, nel corso di una conversazione con Joan Peyser, ripudiò con noncuranza i suoi primi sforzi nel serialismo integrale, dicendo che Structures la non era stato un brano "Totale, bensì Totalitario". Accantonò anche l'assoluta necessità della composizione dodecafonica che un tempo aveva propugnato. "Spesso l'obbligo di usare tutte e dodici le note mi è riuscito insopportabile," dichiarò nel 1999. In definitiva, il concetto di progresso musicale si dimostrò contingente e soggettivo, e la sua definizione mutevole a seconda delle stagioni. La filosofia della musica moderna fu smascherata come una retorica del gusto. Nonostante ciò, Boulez riuscì sempre a dar l'impressione di mantenere il timone - il segno distintivo del grande politico.

(Alex Ross – Il resto è rumore. Ascoltando il XX secolo)

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