Il terzo ciclo, la Serenade per tenore,
corno e archi, fu scritto nel 1943, dopo
il ritorno in Gran Bretagna. In questo
adattamento antologico di sei poesie
inglesi Britten affrontò il suo tema
centrale, la corruzione dell'innocenza;
il ciclo si rivelò quasi una prova
generale per Peter Grimes. All'inizio,
il corno solista esegue un ampio tema
formato da armonici naturali, che evoca,
quasi nello stile della musica delle
vaste praterie di Copland, un regno
primordiale immune dalle complessità
della vita umana. Poi il ciclo si muove
lungo una serie di forme tradizionali,
come la Pastorale, il Notturno, l'Elegia
e il Lamento funebre, e il "morbo del
sentimento" comincia a germinare. Al
cuore del ciclo c'è un magistrale,
terrificante adattamento de La rosa
malata di William Blake. Gli archi
cominciano con una quinta "naturale" di
Mi e Si, che pulsa stranamente fuori
tempo. Il corno comincia sulla nota di
Sol diesis, formando una luminosa triade
di Mi maggiore, poi cade sul Sol
naturale, sprofondando l'armonia nel
modo minore - un effetto che dà un tuffo
al cuore e compare spesso in Schubert e
Mahler. Il corno si muove a spirale
entro una figurazione tortuosa e
spasmodica, strisciando su intervalli di
semitoni per poi compiere balzi di
quarte o quinte. Il tenore recita il
testo di Blake nello spazio di sole otto
battute, ripetendo il passaggio da
maggiore a minore, dalla luce alle
tenebre, dell'apertura. Dopodiché, il
corno riprende il solo, al cui termine
le prime due note vengono suonate in
ordine inverso, passando dal Sol
naturale al Sol diesis. Il pezzo si
chiude così in Mi maggiore. Ma non è
certo una risoluzione ottimistica: è la
vittoria del verme. Britten aveva
scoperto una delle tecniche fondamentali
del suo linguaggio drammatico, l'uso di
semplici mezzi per evocare profondità
insondabili.
(Alex Ross – Il resto
è rumore. Ascoltando il XX secolo) |