Nel novembre del 1940, un raid aereo 
										tedesco soprannominato "Operazione 
										Sonata al chiaro di luna" devastò 
										Coventry e ridusse in macerie la 
										cattedrale che si era erta fin dal 
										Medioevo. Ventidue anni dopo, il 30 
										maggio del 1962, fu consacrata una nuova 
										cattedrale accanto allo scheletro di 
										quella vecchia, e il War Requiem di 
										Britten fu eseguito per la prima volta. 
										E il lavoro "ufficiale" del compositore, 
										la sua più grandiosa espressione 
										pubblica.  La complessa struttura
										letteraria e musicale del War Requiem 
										deve forse qualcosa a Michael Tippet, 
										che Britten rispettava
										quanto tutti gli altri colleghi. Il 
										libretto dell'oratorio di Tippen A Child 
										of Our Time, scritto nei primi anni 
										della seconda guerra mondiale, si 
										dispiega su due livelli che si 
										intersecano - le meditazioni solenni 
										e poetiche, alla maniera di T. S. Eliot, 
										dello stesso Tippet sulla crisi della 
										metà del secolo e brani scelti di 
										redenzione tratti dal Book of American 
										Negro Spiritual di James Weldon Johnson
										("Nobody Knows de Trouble I See", "Go 
										Down, Moses", "Deep River"). In vena 
										simile, il War Requiem inframmezza il 
										testo latino della messa di requiem a 
										poesie pacifiste di Wilfred Owen, che 
										danno una nuova risonanza a parole messe 
										in musica migliaia di volte. Tre solisti 
										sono disposti di fronte a due 
										orchestre e due cori, creando uno spazio 
										musicale multidimensionale che compete
										con quello di Gruppen di Stockhausen. La 
										complessa architettura ha l'effetto di 
										avvolgere il personale nel politico, 
										il secolare nel sacro. Il momento clou 
										del War Requiem arriva nel "Libera
										me", in cui il compositore invoca la 
										pace, la liberazione dalla "morte 
										eterna". Dopo una mastodontica 
										esplosione corale e orchestrale, il 
										tenore e il baritono si recitano 
										vicendevolmente versi della poesia di 
										Owen Strange Meeting, nella quale un 
										soldato inglese appena morto incontra
										il soldato tedesco che ha ucciso il 
										giorno prima. "Mi è sembrato di fuggire 
										dalla battaglia in un profondo e 
										buio tunnel", dichiara l'inglese. "Sono 
										il nemico che hai ucciso, amico mio," 
										risponde il tedesco. Dando un brivido 
										erotico a questo incontro tra 
										sconosciuti - sonorità indicate come
										"freddo" cedono il passo a caldi accordi 
										vibrati, indicati come "espressivo" e 
										"appassionato", un'atmosfera tremante 
										da convegno amoroso notturno - Britten 
										si apre un varco tra le false
										dicotomie della politica. Forse 
										riecheggia l'indimenticabile grido del 
										suo ex amico Auden: "Dobbiamo amarci 
										l'un l'altro o morire". 
										 (Alex Ross – Il resto 
										è rumore. Ascoltando il XX secolo) |