Proprio mentre il paese si spostava a
destra, Copland presentò la sua Sinfonia
n. 3 - un intempestivo sforzo nella
direzione del sinfonismo eroico sulla
scia di Sostakovic. La risposta del
pubblico fu positiva: Serge
Koussevitzky, che aveva commissionato
l'opera per l'Orchestra sinfonica di
Boston, la definì "la massima sinfonia
americana". Ma dopo la prima
nell'ottobre del 1946, la rivista Time,
l'altro fiore all'occhiello editoriale
di Luce, asserì che ormai Copland era
troppo famoso ("troppo impegnato per
essere un buon compositore"). Qualche
anno dopo, il musicologo William Austin
si sentì obbligato a difendere la
sinfonia in questo modo: "Nulla può
convincere un ascoltatore ad apprezzare
questo pezzo se non prova alcuna
simpatia per il suo spirito di
socievolezza e determinazione piena di
speranza, piuttosto vicino a quello del
New Deal".
(Alex Ross – Il resto
è rumore. Ascoltando il XX secolo) |