Messiaen era però assolutamente serio.
Aveva usato deliberatamente il canto
degli uccelli per la prima volta nel
Quartetto per la Fine dei Tempi, in cui
le voci del merlo e dell'usignolo
guidano il movimento per clarinetto solo
"Abîme des oiseaux". Per il resto degli
anni cinquanta, Messiaen modellò quasi
tutte le sue figurazioni strumentali
sulle melodie degli uccelli, che
avrebbero regnato sulla sua musica fino
alla fine. La prima dimostrazione
prolungata di questo nuovo approccio fu
Réveil des oiseaux, o Risveglio degli
uccelli, per pianoforte ed ensemble,
eseguito per la prima volta al festival
di Donauschingen del 1953. Si
sentono cantare a turno dozzine di
uccelli, e nel "coro dell'alba" ne
vengono riuniti ventidue in un
incantevole caos polifonico. Poi si va
verso il silenzio del mezzogiorno, e gli
uccelli si addormentano nella calura. In
un certo senso, questa nuova tecnica
poteva esser paragonata al caso di Cage;
Messiaen cedette il controllo della sua
musica a forze esterne. "Non vedo l'ora
di scomparire dietro agli uccelli,"
disse a qualche ora dalla prima. In
apparenza, Messiaen stava effettivamente
attraversando "un'evoluzione
meravigliosa". In sintonia con
l'estetica della generazione di
Darmstadt, la sua musica degli uccelli
degli anni cinquanta aveva una sonorità
impeccabilmente frammentata e
puntillistica, come se l'usignolo di
fiume, la cinciarella e il picchio rosso
avessero inventato il serialismo prima
di Babbitt e Boulez.
(Alex Ross – Il resto
è rumore. Ascoltando il XX secolo) |