Quando arrivò a Darmstadt nel 1951,
Stockhausen sentì un nastro con Mode de
valeurs et d'intensités di Messiaen e si
entusiasmò immediatamente all'idea di
una musica organizzata in modo
integralmente seriale. Il suo primo
pezzo maturo, Kreuzspiel, è degno di
nota per la spensieratezza vagamente
jazzistica e per il richiamo quasi
sensuale che traspare già in apertura
con il picchiettio smorzato delle conga
e dei tom dietro gli accordi di tre note
del pianoforte sparsi in vari registri.
Il primo gruppo di Klavierstücke {Vezzi
per pianoforte) di Stockhausen
costituisce invece un esempio
dell'estetica dominante della
polverizzazione: i suoni rimbalzano dal
registro acuto a quello grave del
pianoforte, come se lo strumento fosse
un flipper. La nuova arte della musica
elettronica esercitò fin dall'inizio
un'attrazione irresistibile su
Stockhausen. I suoi guru furono Werner
Meyer-Eppler, un fisico sperimentale che
si specializzò nello studio della
sintesi del suono e del parlato, e il
teorico e compositore Herbert Eimert,
che dirigeva il nascente studio
elettronico di Colonia. La loro visione
del futuro della musica divergeva da
quella di Pierre Schaeffer e Pierre
Henry a Parigi e, cosa non sorprendente,
la familiare dicotomia franco-tedesca
determinò la differenza tra le due
scuole elettroniche. Eimert deprecava la
musique concrète francese in quanto
dilettantismo parassitario, banale
riarrangiamento dei consueti oggetti
sonori.
(Alex Ross – Il resto
è rumore. Ascoltando il XX secolo) |