Iannis Xenakis fu l'altro rivoluzionario
inclassificabile dell'avanguardia
europea. Nel 1947 fuggì dalla Grecia,
dove inglesi e americani stavano
appoggiando un governo anticomunista di
destra, e chiese asilo politico a
Parigi. Lì frequentò i corsi di
Messiaen al conservatorio e lavorò nello
studio elettronico di Schaeffer.
Incoraggiato da Messiaen, cominciò a
pensare a come si potesse "costruire" un
suono così come si costruisce una
struttura, senza crepe né segni di
giuntura. Coltivò un parallelo interesse
per l'architettura e lavorò per molti
anni come ingegnere e in seguito come
progettista nello studio di Le
Corbusier, specializzandosi in complessi
modelli architettonici di forma
ondulata, concava o convessa. Il
colpo di genio di Xenakis come
compositore fu di applicare tali modelli
allo spazio musicale, scrivendo forme
d'onda su carta millimetrata per poi
tradurle in notazione
convenzionale. Col procedere degli anni
cinquanta, introdusse un metodo ancor
più complesso noto con il nome di
"musica stocastica", che si riferiva
alla branca della matematica che studia
l'attività casuale o irregolare delle
particelle. In altre parole, cominciò a
guardare all'orchestra come uno
scienziato guarda una nube di gas.
Tuttavia, Xenakis non ricadde mai
perfettamente nella categoria del
compositore da laboratorio. Rifletté
molto su come la sua musica sarebbe
stata recepita dal neofita, e volle
catturarne l'attenzione con gesti di
grande impatto. "L'ascoltatore deve
essere avvinto," disse una volta, "e
-che gli piaccia o no - coinvolto dalla
traiettoria dei suoni, senza che sia
necessaria una formazione particolare.
Lo shock sensoriale deve essere
altrettanto potente di quando si sente
uno scoppio di tuono o si guarda in un
abisso senza fondo". Il
titolo della prima composizione basata
su forme d'onda di Xenakis, Metastasis
(1953-54) manifesta l'intenzione di
superare la stasi del serialismo
integrale: la parola greca significa
"oltre l'immobilità". Comincia con un
suono stupefacente: quarantasei
strumenti ad arco che suonano un Sol
all'unisono, per poi scivolarne lontano
con glissandi ascendenti o discendenti,
ciascuno dei quali si muove a
velocità diversa. Verso la fine
dell'operazione, gli archi sono
diventati una massa ronzante di
quarantasei note diverse. Nei cluster
d'archi s'infiltrano presto beffardi
glissandi di trombone e altri suoni
scherzosi degli ottoni. Al culmine di
questa baraonda meticolosamente
preparata, l'ascoltatore non riesce a
percepire ciò che sta eseguendo un
singolo strumento; solo la somma
delle azioni è evidente. Xenakis
paragonò tale effetto al tamburellio
della grandine su una superficie dura
o a milioni di cicale che cantano in un
campo durante una notte d'estate. Con
una metafora più incisiva, Xenakis
citò il ricordo di una dimostrazione
antinazista ad Atene: la folla
scandisce uno slogan, questo viene
sostituito da un nuovo slogan, "il ritmo
perfetto dell'ultimo slogan si
frantuma in un immenso cluster di urla
caotiche", le mitragliatrici aprono il
fuoco, e scende una "calma esplosiva,
piena di disperazione, di polvere e di
morte". Ma la nota dell'unisono
finale - un semitono più alta di quella
iniziale - sembra indicare che un
qualche tipo di battaglia sia stata
vinta.
(Alex Ross – Il resto
è rumore. Ascoltando il XX secolo) |