Ma il pazzo mi riportò a casa a New York.

D'un tratto mi ritrovai in Times Square.

Avevo fatto tredicimila chilometri in giro per il continente americano ed ero di ritorno in Times Square; e proprio nel mezzo di un'ora di punta, per di più, a guardare con i miei occhi resi innocenti dalla strada l'assoluta pazzia e il fantastico andirivieni di New York con i suoi milioni e milioni di uomini che si prendono a gomitate all'infinito fra di loro per un dollaro, il pazzo sogno:

afferrare,

prendere,

dare,

sospirare,

morire,

solo per poter essere sepolti in quell'orribile necropoli dietro a Long Island City.

Le alte torri del paese: l'altro limite del paese, il luogo dov'è nata l'America del Dollaro.

Stetti fermo a un ingresso della metropolitana, cercando di farmi venire coraggio sufficiente a raccogliere una bella cicca lunga, e tutte le volte che mi chinavo, una gran folla mi scorreva attorno e me la toglieva alla vista, e finalmente fu calpestata.

Non avevo soldi per andare a casa in autobus.
Paterson è a parecchi chilometri da Times Square.
Potete immaginarmi occupato a superare a piedi quegli ultimi chilometri attraverso il Lincoln Tunnel o per il Washington Bridge e di là nel New Jersey?

Era il tramonto.
Dov'era Hassel?
Esplorai la piazza alla ricerca di Hassel; non c'era, era a Riker's Island, dietro le sbarre.
Dov'era Dean?
Dov'erano tutti?
Dov'era la vita?

Io avevo la mia casa dove andare, il mio posto dove poggiare il capo e fare il conto delle perdite e quello dei profitti che sapevo dovevano pure esserci da qualche parte.

Dovetti chiedere in elemosina venticinque centesimi per il biglietto dell'autobus.
Mi imbattei infine in un sacerdote greco che stava fermo a un angolo.
Mi diede il quarto di dollaro guardando nervosamente da un'altra parte.
Corsi immediatamente all'autobus.
Quando arrivai a casa mangiai tutto quel che c'era nella ghiacciaia.

Mia zia si alzò e mi guardò.

"Povero piccolo Salvatore "

disse in italiano.

parte quarta

parte sesta