Ma il pazzo mi riportò a casa a New York. | |
D'un tratto mi ritrovai in Times Square. Avevo fatto tredicimila chilometri in giro per il continente americano ed ero di ritorno in Times Square; e proprio nel mezzo di un'ora di punta, per di più, a guardare con i miei occhi resi innocenti dalla strada l'assoluta pazzia e il fantastico andirivieni di New York con i suoi milioni e milioni di uomini che si prendono a gomitate all'infinito fra di loro per un dollaro, il pazzo sogno:
prendere, dare, sospirare, morire, solo per poter essere sepolti in quell'orribile necropoli dietro a Long Island City. Le alte torri del paese: l'altro limite del paese, il luogo dov'è nata l'America del Dollaro. Stetti fermo a un ingresso della metropolitana, cercando di farmi venire coraggio sufficiente a raccogliere una bella cicca lunga, e tutte le volte che mi chinavo, una gran folla mi scorreva attorno e me la toglieva alla vista, e finalmente fu calpestata. |
Non avevo soldi per andare a casa in autobus. Era il tramonto. Io avevo la mia casa dove andare, il mio posto dove poggiare il capo e fare il conto delle perdite e quello dei profitti che sapevo dovevano pure esserci da qualche parte. Dovetti chiedere in elemosina venticinque centesimi per il biglietto dell'autobus. Mia zia si alzò e mi guardò. |
"Povero piccolo Salvatore " disse in italiano. |